Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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martedì 17 ottobre 2017

Si combatte la povertà, non si combattono i poveri


Il fatto che ci troviamo nella sala Aldo Moro della Camera dei Deputati per celebrare la Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà mi offre l’occasione per ricordare che Moro è stato il grande regista di un atto politico decisivo di lotta alla povertà nel nostro paese. Mi riferisco alla grande riforma della scuola media pubblica – della scuola media unificata – del 1962, che ricompone anche tante idee diverse. Aldo Moro incoraggiò una riflessione innovativa, ispirò il grande sforzo che condusse alla nascita della scuola media unica, che è l’inizio dell’uguaglianza in italia. Prima c’erano almeno due Italie di cui una sola poteva crescere e studiare.

Io credo che oggi, quando si ragiona di povertà e si lavora per fare buone politiche di lotta alla povertà, ci si trovi di fronte a un grande problema culturale, perché siamo in un tempo in cui i poveri sono criminalizzati. Ci si sta spostando dalla lotta contro la povertà alla lotta contro i poveri. E questo mi sembra un cambiamento drammatico, lo stesso cambiamento che sottolineava ieri Papa Francesco, e cioè come, per esempio, si è passati dalla pietà, dal dolore, dallo stupore addolorato per quel piccolo bambino che era stato trovato morto sulla spiaggia: Aylan, il piccolo profugo siriano annegato di fronte alle coste turche a ben altro clima. A due anni da allora, siamo al fatto che quei bambini ‘non esistono’, muoiono, spariscono. Ed è consistente in tutti i paesi europei il numero di quanti dicono: “Ci portano via la nostra vita”. I poveri, i migranti vengono visti come minaccia, come competitor, e non come esseri umani. Questo è il momento terribile che noi stiamo vivendo.

Ci sono i predicatori dell’odio, i predicatori del disprezzo. Pensano di trarne vantaggio, di certo stanno indebolendo le democrazie occidentali. Quindi per i poveri sono tempi difficili. Tutti i tempi di crisi sociale – seguiti a crisi economiche – hanno visto la tentazione dei pogrom, la tentazione di capri espiatori su cui scaricare il disagio che abbiamo e di cui siamo responsabili. Oggi è molto forte il dibattito politico sulla distinzione fra profughi che fuggono dalle guerre e migranti economici: io faccio sempre più fatica invece a capire la differenza. Per decidere di andare via dal proprio paese, di fare un anno di percorso durante il quale si finisce nelle mani di trafficanti umani, si subiscono angherie, si rischia la morte e, purtroppo, spesso si arriva a morire, le motivazioni devono essere terribili. Non c’è più un posto dove stare, né una casa o un luogo in cui provare a sopravvivere.
Ma di fronte al battage di chi predica odio e disprezzo per l’opinione pubblica è difficile orientarsi. Ed è difficile fare politiche giuste, è difficile prendere decisioni giuste se si definisce sempre “emergenza” un fenomeno che è strutturale, se non si vuole lavorare contro la povertà e togliere alla povertà assoluta la forza di diventare strutturale. Perché la povertà impoverisce il paese, non è solo un risultato: la povertà è accumulatore di povertà.

Noi dobbiamo dunque lavorare a tutti i livelli per recuperare il concetto che i poveri sono amici e non nemici. Banalità. Come il fatto che i poveri sono come noi. E c’è, forte, il tema della dignità, dignità per tutti: ognuno è un essere umano ed è una persona, la dignità deve essere il centro delle leggi.
Penso a una cosa di Papa Francesco. A inizio pontificato, di fronte a una folla di giovani diceva: “Quando io confesso – anzi no, adesso non confesso più, prima confessavo – quando confessavo facevo sempre una domanda: ‘Gliela dai una moneta a un povero?’ Generalmente rispondevano sì”. Poi faceva una seconda domanda: “Ma quando gli dai quella moneta, lo guardi negli occhi? Molti rispondevano di non saperlo, di non ricordarselo”. E poi c’era una terza domanda: “Ma quando gli dai quella moneta e lo guardi negli occhi, gliela tocchi la mano? Perché quella è carne di Gesù. E’ carne tua, è carne mia”. Non riesco a dimenticarlo – e stiamo parlando ancora solo di elemosina, non stiamo parlando di lotta profonda alla povertà. Carne nostra, la nostra stessa famiglia.

Che cosa dobbiamo fare, dunque? Che cosa abbiamo fatto? In questa legislatura accidentata - con maggioranze che ci sono e non ci sono, la fatica per approvare un provvedimento è diventata molta a causa di questa frammentazione. Però, ad esempio, abbiamo approvato la piccola grande legge sul recupero dello spreco alimentare, che è un inizio. Ma penso anche alla legge sul “Dopo di noi”, che toglie dall’incubo le famiglie di disabili gravi che non sanno cosa potrà accadere ai loro cari affetti da disabilità quando rimarranno da soli, decidendo piani personalizzati mentre si è ancora in vita e assieme alle persone stesse. Qui non c’è solo l’idea di un ente economico, ma di una protezione complessiva che permetta ai disabili gravi di continuare lo stile di vita e gli affetti dopo che i familiari sono venuti a mancare. E penso all’approvazione della prima forma di lotta alla povertà assoluta universalistica, mai deliberata in Italia dal 1948. Quando abbiamo lavorato su questo –  l’Alleanza contro la povertà è stata un interlocutore per tutto il percorso e continua ovviamente a esserlo – abbiamo scoperto che in Italia esistono 18.000 misure locali e nazionali di lotta al disagio. 18.000, dal 1948 in poi. Quella approvata è la prima misura universalistica. Si fa notare che le risorse ammontano a un miliardo, un miliardo e mezzo. Ne servirebbero sette per ‘coprire’ tutta la povertà assoluta. Sappiamo bene che non c’è la disponibilità rispetto a tutto ciò di cui abbiamo bisogno, e che bisogna fare di più, ma siamo nella direzione giusta: non abbiamo a che fare con un aiuto economico, ma c’è l’accompagnamento complessivo, la possibilità di costruire un percorso lavorativo, che è parte di un patto anche per uscire dalla povertà. Nulla a che vedere col cosiddetto “reddito minimo”, dove la decrescita felice rimane felice solo per chi ha già i soldi.

Noi oggi ci troviamo poi di fronte anche a un’altra sfida vera, quella di evitare che i bambini da benedizione diventino maledizione. L’Istat ci dice che da vari anni le famiglie con più figli minori a carico sono molto più esposte al rischio di povertà assoluta. In 11 anni siamo passati da 800.000 famiglie a 1.600.000, ma il rischio di essere in povertà assoluta per famiglie con tre o più figli minori sale a 1 su 4, 26%. Questo è un obiettivo prioritario per spezzare la catena della povertà assoluta. Poi io spero che potremo andare a costruire anche per i giovani che non studiano e non lavorano una seconda possibilità di ricostruzione di ethos, di simpatia e di tessuto nazionale attraverso la legge sul servizio civile obbligatorio universalistico. Una legge che reintroduca il tema della gratuità – e cioè di qualcosa di utile per gli altri – e che oltre a un primo periodo magari di sei mesi di formazione possa prevedere due o tre giorni all’anno di lavoro gratuito per la comunità, mentre si ricostruisce una generazione che ricomincia a stare assieme, e non solo con l’Erasmus, per dare a chi è rimasto escluso una seconda possibilità per imparare qualcosa con le persone che le conoscono e che le apprezzano, e che poi può diventare lavoro.

Infine. Noi la prossima settimana licenziamo da questa Camera l'istituzione della Giornata nazionale della lotta contro la povertà. Tecnicamente si apre uno spazio per una possibilità, quindi credo e spero che la legge possa essere approvata con una decisione politica e in quel caso in sede anche legislativa, quindi eventualmente anche in Commissione. Mi auguro che entro la fine della legislatura anche il Senato possa dare il via libera, che sarebbe definitivo. 

Intervento in occasione della celebrazione della Giornata Internazionale per l'eliminazione della povertà che si è tenuto presso la sala Aldo Moro della Camera dei Deputati