Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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mercoledì 25 ottobre 2017

Ddl Lorenzin, oggi abbiamo approvato una delle grandi leggi di riforma di questa legislatura, una legge sulla Salute




3868. E’ il numero sintetico di questa legge. Che ne contiene 15 diverse e si accompagna, dal primo testo, al nome di 9 ministri dei governi di questa legislatura. In cima quello della signora ministro Lorenzin, tutti gli altri non ci sono più. Questo dà l’idea del lavoro che c’è dietro una legge che è stata lavorata dal Senato per più di due anni e che la Commissione Affari Sociali ha esaminato e migliorato in parti significative, rispettando l’importante lavoro del Senato in altri punti, e che contiene materie difficili da riassumere in un unico titolo: la sperimentazione clinica dei medicinali, il riordino delle professioni sanitarie, la disciplina degli ordini professionali, la protezione dei cittadini e dei professionisti dagli abusi nell’esercizio delle professioni sanitarie, la riforma della dirigenza sanitaria del Ministero della Salute.
Una legge difficile da riassumere per i giornali. Non si sa nemmeno che titolo darle. Forse quello di legge sulle professioni sanitarie. Al contrario, una legge che tocca tutti i noi, tutti i cittadini italiani e, direttamente, più di un milione di professionisti, professioni antiche e nuove: medici, infermieri, biologi, chimici, osteopati, chiropratici, psicologi, ostetriche. 28 professioni sanitarie. Toccano, aiutano a guarire e a fare stare meglio il nostro corpo, la nostra mente.
E’, verosimilmente, una delle grandi leggi di riforma di questa legislatura, sicuramente in campo sanitario, assieme a quella sul rischio clinico, per ridurre la medicina difensiva e garantire di più i cittadini. Chi parla ha svolto anche la funzione di relatore del provvedimento, e come presidente della Commissione ha lavorato con tutti i Gruppi perché questa legge fosse perfezionata, non in maniera iconoclasta, perché il Senato possa approvarla nel testo che oggi approviamo nelle prossime settimane.
Ho compreso l’importanza di quello che andiamo ad approvare da 12 mila email ricevute in questi mesi, soprattutto di professioni sanitarie in attesa di riconoscimento ufficiale, o di altre, preoccupate che l’emersione di nuove professionalità potessero danneggiare la qualità del lavoro e gli ambiti delle esistenti.

Un provvedimento aperto
Due Italie. Una preoccupata, tutti preoccupati, per motivi anche opposti. E una piena di speranza, con il timore che questa legge fosse l’ultimo treno, l’unico da una vita per vedere le proprie aspirazioni riconosciute. Quasi che la crescita del nuovo debba sempre metter in crisi il vecchio, o che non sia più evitabile il “tutti contro tutti”. Un esempio per tutti: osteopati e chiropratici, che hanno visto un importante riconoscimento uscire dal testo Senato, per mesi nel timore che il lavoro della Camera significasse affossare o derubricare, ignorare aspettative, e altre professioni al varco e ugualmente attive, con legittima attività lobbistica, per portare avanti le ragioni di chi presidia un territorio professionale da anni.

Non credo ci sia futuro per un’Italia fatta così. E’ per questo che, spiegando ai colleghi del Senato che le variazioni apportate non intendevano in nessun modo stravolgere o ignorare i punti di caduta già trovati, ho lavorato – e mi hanno confortato in vario modo i colleghi di tutti i Gruppi, in misura diversa – per creare una legge aperta, invece di una legge chiusa. Non due o tre o quattro nuove professioni, ma al contrario, una nuova procedura, che innova le stratificazioni di decenni e la legge del 2006 che non è sembrata funzionare appieno, e che permette tempi certi per presentare anche dal basso le proprie istanze, e vedere il Ministero della Salute e il CSS pronunciarsi nell’arco di 6 mesi, la Conferenza Stato-Regioni valutare il fabbisogno e la domanda pubblica per le nuove professioni sanitarie, il MIUR e il Ministero della Salute fissare i corsi di studi e le equipollenze. 
Questa nuova procedura è quella che riguarderà anche le prime due professioni individuate, l’osteopata e il chiropratico, la cui istituzione seguirà le nuove procedure. E così, alla pari, tutti. In un tempo di grandi trasformazioni, mentre andiamo verso la medicina personalizzata, e emergono nuove professioni impensabili ancora ieri, o oggi stesso, non è l’ennesima sanatoria. La valutazione diventa tecnica e scientifica. Non è più la politica a dovere portare avanti questa professione o l’altra. E nella Commissione di valutazione non sono gli Ordini delle professioni già esistenti a decidere sulle nuove. Le grandi riforme passano anche per queste cose. Perché riducono la necessità del tutti contro tutti. La politica torna quello che deve essere, sintesi e capacità di indirizzo. Non potere al servizio della lobby più forte al momento. La salute si aiuta così.

Mi conforta il consenso che è venuto dalle professioni più preoccupate dopo l’approvazione del nuovo percorso per diventare una nuova professione. So che davvero oltre un milione di professionisti sanitari vive con ansia il giorno, vicino, del voto finale al Senato, nella prima finestra utile dopo il voto di oggi. Ho incontrato tutte le associazioni, nelle audizioni e direttamente. Si risolvono problemi normativi alcuni dei quali risalivano a Regi Decreti, all’immediato secondo dopoguerra, a epoche pre-UE. E si apre al futuro di tanti.

Buona Salute
Come chiamare questa legge, allora? 3868. L’ho già detto. O ddl Salute. Per farla semplice. E per non dare i numeri.
E la salute buona passa per almeno altre tre cose importanti che sono in questa legge delega. Le norme sulla sperimentazione clinica dei medicinali, quelle sulla riorganizzazione degli Ordini professionali e quelle sulla medicina di genere.

Forse la parte in cui il testo è migliorato di più è proprio sulla sperimentazione clinica. Che si va sulle persone. Dove etica e scienza accompagnano la sperimentazione sulle persone, su di noi. Sembra materia tecnica. E’ vita, invece. E c’è la profonda riforma dei Comitati Etici, indispensabili per autorizzare e accompagnare una sperimentazione. Non più un centinaio, ineguali per capacità, efficienza, costi, qualificazione. Il numero di un massimo di 40, con la nascita di un Centro di Coordinamento presso l’AIFA, che con il Ministero della Salute favorirà appena la legge entra in vigore sia la maggiore efficienza, che la trasparenza e l’assenza di conflitti possibili di interessi non solo all’inizio ma in tutte le fasi della ricerca, sono qualcosa che il mondo della ricerca e della sanità pubblica sognava da anni. Non un accentramento, la valorizzazione delle capacità scientifica di tutti i centri principali italiani: e la ricerca mondiale che potra’ non trovare più nella lentezza o imprevedibilità del sistema una ragione per non allocare in Italia importanti risorse.

Insieme, finalmente, un meccanismo di compensazione, remunerazione e un volano possibile di finanziamento e per gli istituti di ricerca pubblici quando una innovazione nata in ambito pubblico venga poi sviluppata da privati. L’Italia è il secondo paese europeo per esportazioni in campo farmaceutico e in ricerca primaria, ma scende al decimo posto nell’allocazione della ricerca secondaria. Qui c’è una risposta. E i ricercatori pubblici potranno fidelizzarsi in ambito pubblico senza necessità di uscirne per crescere, come pure aiuterà la brevettabilità della ricerca non profit, dal 2004 su un binario morto perché la normativa esistente la faceva non brevettabile, senza futuro.

Trasparenza e partecipazione
E poche parole sul tema che ha appassionato l’Aula in queste ultime battute, che ha visto, tardivamente, prese di posizione preoccupate da parte di un interlocutore importante come la FNOMCeO, la Federazione degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri, ma che ho attribuito a una non comprensione iniziale dei miglioramenti apportati al testo. Con gli emendamenti approvati, la funzione di utilità pubblica degli ordini professionali ne esce rafforzata, mentre ne esce indebolita una identità forse impigrita nell’abitudine. E’ arrivato il sostegno di molti Ordini e professioni, a partire dagli infermieri. Ma sono certo che tutta l’azione degli Ordini delle professioni sanitarie ne uscirà, al termine di un processo, più legittimata.

Era dal Decreto luogotenenziale firmato da Enrico De Nicola che nulla sull’Ordine dei medici veniva toccato, 71 anni fa. Capisco qualche preoccupazione. Ma non ritengo possibile che leadership illuminate possano trovare motivi contro l’introduzione di principi basilari di maggiore democraticità, incoraggiamento a maggiore partecipazione con la possibilità anche, quando opportune, di nuove forme di partecipazione al voto, l’introduzione di quorum per la validità del voto, la spinta a verso un progressivo riequilibrio nella rappresentanza di genere, un rinnovamento generazionale più marcato, l’introduzione di un numero massimo di due mandati consecutivi, come per i sindaci e altri importanti servizi alla comunità. Lo hanno fatto gli avvocati quest’anno, nel 2005 lo avevano già fatto gli agronomi, i geologi, gli ingegneri, gli assistenti sociali, gli architetti e molti altri. L’introduzione di un Presidente del Collegio dei Revisori dall’albo dei Revisori dei conti diventa un elemento di garanzia per tutti gli iscritti e di professionalità, a sostegno della leadership degli Ordini. Per questo penso che sul timore che viene da abitudini consolidate, di chi ha prestato per 15, 20, più anni la sua opera, presto prevarrà, con la conoscenza del testo e dei fatti, la positività di una maggiore apertura alle centinaia di migliaia di iscritti, che potranno riappassionarsi alla vita del proprio Ordine, meno lontano ed estraneo, indipendentemente dalla qualità dei singoli.


Il tempo dirà. Ma credo che quasi mezzo milione di medici, e molti altri professionisti potranno beneficiare di questi cambiamenti che nulla tolgono all’autonomia professionale, ma indicano la strada per maggiore trasparenza e partecipazione.

Dichiarazione di voto finale del Presidente della Commissione Affari Sociali e relatore del Disegno di legge su sperimentazione clinica, riordino delle professioni sanitarie e disposizioni sulla dirigenza sanitaria del Ministero della salute