Madri
e figli. Accoglienza e inclusione. E’ il cuore di un progetto della Comunità di
Sant’Egidio, sostenuto da Merck & Co per conto della sua consociata italiana
Msd - che sia chiama appunto “Madri e figli rifugiati dall’accoglienza all’inclusione”
- ed è un modello praticabile di integrazione. Si affianca a diversi altri
che, nella sua storia, Sant’Egidio ha messo e mette in atto.
Un progetto possibile
anche grazie all’imprenditoria di qualità che ritiene solidarietà ed
accoglienza strategiche per il suo operare. Un modello che può diventare contagioso
per tutto il mondo dell’impresa.
Viviamo
in una fase di flussi migratori epocali. Al tempo del grande naufragio, a
Lampedusa ho parlato con alcuni sopravvissuti: ci avevano messo dai 12 ai 24
mesi per arrivare in Italia. Ogni giorno sentiamo chi dice: “Adesso mettiamo un
muro, blocchiamo tutti”. Ma pensiamo forse che, se c’è chi è disposto ad
affrontare due anni di rischi anche fatali per arrivare nel nostro paese, un’affermazione
di questo genere scoraggi qualcuno dal venire? Arrivano lo stesso. Semplicemente,
creare più difficoltà per arrivare vuol dire creare più morti. Tutte le volte
che si sono prodotte più difficoltà e si sono rafforzati gli argini, sono
aumentati i trafficanti di esseri umani, è aumentato il commercio su di essi, sono
aumentate le mafie, sono aumentate le vittime.
La
Comunità di Sant’Egidio non si è mai rassegnata a queste semplificazioni. Qui
sono stati pensati e costruiti i Corridoi umanitari. Hanno aderito l’allora ministro
degli esteri Gentiloni, il ministero degli Interni. Il Governo italiano ci
crede. I Corridoi umanitari dimostrano che è possibile arrivare in maniera
legale. E’ un esempio in Europa, e non solo per la prima linea dell’accoglienza.
Sant’Egidio
ha inventato anche il post, ciò che
succede dopo l’arrivo legale nel nostro paese, ovvero il modello
dell’accoglienza diffusa. Sappiamo quanta fatica fa il sistema di accoglienza
italiano dopo lo straordinario servizio di salvataggio di vite umane. Fa fatica
non perché l’Italia è spregevole - l’Italia fa uno sforzo imponente anche
nell’accoglienza nei centri. Ma di fronte a più di metà dei comuni italiani che
dice: “Non qui, non da me”, grazie a una predicazione del disprezzo e della
paura che è responsabile dello sfaldamento di un’intera comunità nazionale e
mette a rischio la sicurezza del paese, chi sostiene: “Prima gli italiani e poi
gli stranieri, non deve arrivare più nessun immigrato” illude gli italiani. Abbiamo
65 milioni di profughi forzati nel mondo, perché ci sono le guerre, gli
sfruttamenti umani, i fondamentalismi, le desertificazioni – da cui si fugge,
perché si muore anche di fame – e poi, con l’idea di arrivare al mare e di
attraversarlo, si cade nelle mani dei trafficanti umani, delle bande, che ti
vendono, ti prestano, ti proibiscono i passaggi. Ci sono intere tribù che
vivono di questo. Stando così le cose, chi dice: “Mai più un immigrato” sta illudendo gli
italiani, sta aumentando l’insicurezza degli italiani, perché il nemico non
sono gli immigrati, non sono gli stranieri, semmai è la marginalità.
La
Comunità di Sant’Egidio si impegna costantemente per ideare e mettere in
pratica modi per dare una risposta al problema della marginalità. E ha dunque pensato
all’accoglienza diffusa - subito, fin dal primo giorno dell’arrivo in Italia - riattivando
le comunità civili: Trentino, Emilia-Romagna, Lazio, Toscana. Casali, famiglie,
casolari, gruppi, comunità, associazioni. Tutto a carico degli italiani, che accolgono
felici di farlo. Non è una tassa: è vita, è essere umani, è divertirsi,
scoprire questi bimbi e ragazzi, queste donne che sono straordinarie, hanno resistito
a tutto, sono un valore. E allora, dopo il primo “investimento” che viene fatto
da chi decide di accogliere, dopo il primo aiuto, queste persone che arrivano
da lontano restituiscono cento volte di più ciò che hanno ricevuto.
Daniela
Pompei ci informa che 120 nazionalità vengono alla scuola di lingua e cultura
italiana di Sant’Egidio a studiare l’italiano.
A
condizioni storiche date è importante capire che cosa vuole dire per un paese costruire
condizioni umane di integrazione, di inclusione. Assumere un ruolo
straordinario che fra 10, 15, 20 anni ci renderà il paese-chiave che ha
ricostruito vita futura e dignità per persone di tanti paesi diversi. In questo
contesto, quando l’Europa investe direttamente in tutta l’Africa - allo stato
attuale - esattamente gli stessi soldi che si investe nella sola Turchia per i
campi, per i profughi iracheni, possiamo vedere di che miopia si tratta. E possiamo
riscontrare quanto sia importante l’investimento - anche economico, anche
strategico - nel costruire ponti e creare inclusione, felicità, con le scuole
di lingua e cultura italiana per 120 nazionalità, con l’accoglienza diffusa.
In
questo la Comunità di Sant’Egidio ha un ruolo centrale. Sant’Egidio ha una professionalità,
una “strana” professionalità – alta, qualificata - di tutte persone non pagate
che operano nei progetti e negli interventi della Comunità come attività principale
non retribuita. Poi hanno anche un lavoro con cui vivono.
Il
progetto “Madri e figli rifugiati” è una scelta intelligente, e mi fa piacere
testimoniarlo. Ho conosciuto poi l’intelligenza prospettica del gruppo MSD
Italia, che qui collabora con Sant’Egidio, prima di entrare in Parlamento: è
una cosa che viene da lontano, non è improvvisata, o tattica. Mi piace pensare
che un agire simile potrebbe-dovrebbe diventare contagioso per tutto il mondo
dell’impresa.
Credo
che con questo fare abbiamo qualcosa che può aiutare gli italiani a essere più
felici sapendo anche che si può essere sicuri accogliendo, integrando,
includendo. E che tutto questo aumenta la sicurezza, smontando la predicazione
dell’odio e della paura. Perché se io penso che quello lì mi sta minacciando,
io ho paura. Ma se poi lo vedo, e vedo quel bambinetto, e quel bambinetto è un
figlio, e se vedo quella madre, e quella donna, osservo il loro essere persone,
come me. E se chi vedo, per provare a spiegarmi quanto è felice, magari canta
Toto Cotugno perché così esprime le prime parole di italiano che ha imparato, e
lo fa perché lo vuole proprio dimostrare, che ha imparato un po’ di italiano: perché
lo devo deludere? Perché lo devo tenere lontano? E’ la marginalità che crea la
zona grigia, ed è la zona grigia che crea i rischi e in cui si annida una
minore sicurezza.
Con
questo progetto ci sono 400 donne aiutate in 400 modi, studiati uno a uno a
seconda dei bisogni di ciascuna. Bisogna inventare il lavoro, garantire la
salute - che è un diritto umano - personalizzare, capire. Tutto ciò è un gigantesco
volano di integrazione e sicurezza che costruisce rete, relazioni, ponti: se queste
donne torneranno un giorno nei loro paesi saranno un collegamento fra culture,
tradizioni e storie e se i loro figli rimarranno qui saranno italiani e daranno
una mano al nostro paese. Che senza i migranti invecchia, stagna, avvizzisce.
Per
questo è importante che al Senato si dia il via libera allo ius soli, che io chiamerei temperato, cioè
alla legge sulla cittadinanza per i figli dei migranti, che non è una
cittadinanza automatica - la si concede ai figli di chi ha carte regolari da
più di 5 anni e con permesso di lungo soggiorno europeo. E c’è l’ingresso del
concetto dello ius culturae, che non
esisteva ed è stato inserito, per chi studia in Italia. Perché anche la cultura
fa gli italiani. Se lo ius soli non
passasse sarebbe un errore gravissimo, perché quasi un milione di ragazzi che
sono in Italia verrebbero tenuti nel limbo, nella marginalità. E il limbo, la
marginalità - non la nazionalità – sono i veri pericoli. Non avere lo ius soli sarebbe un grave errore per la
sicurezza degli italiani, andando appresso alle paure di chi, purtroppo,
racconta favole.
Intervento alla presentazione del Progetto "Madri e figli rifugiati: dall'accoglienza all'inclusione" alla Scuola di lingua e cultura italiana presso l'istituto San Gallicano a Roma