Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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mercoledì 5 luglio 2017

Madri e figli. Accoglienza e inclusione. Un investimento strategico



Madri e figli. Accoglienza e inclusione. E’ il cuore di un progetto della Comunità di Sant’Egidio, sostenuto da Merck & Co per conto della sua consociata italiana Msd -­ che sia chiama appunto “Madri e figli rifugiati dall’accoglienza all’inclusione” ­- ed è un modello praticabile di integrazione. Si affianca a diversi altri che, nella sua storia, Sant’Egidio ha messo e mette in atto. 
Un progetto possibile anche grazie all’imprenditoria di qualità che ritiene solidarietà ed accoglienza strategiche per il suo operare. Un modello che può diventare contagioso per tutto il mondo dell’impresa.

Viviamo in una fase di flussi migratori epocali. Al tempo del grande naufragio, a Lampedusa ho parlato con alcuni sopravvissuti: ci avevano messo dai 12 ai 24 mesi per arrivare in Italia. Ogni giorno sentiamo chi dice: “Adesso mettiamo un muro, blocchiamo tutti”. Ma pensiamo forse che, se c’è chi è disposto ad affrontare due anni di rischi anche fatali per arrivare nel nostro paese, un’affermazione di questo genere scoraggi qualcuno dal venire? Arrivano lo stesso. Semplicemente, creare più difficoltà per arrivare vuol dire creare più morti. Tutte le volte che si sono prodotte più difficoltà e si sono rafforzati gli argini, sono aumentati i trafficanti di esseri umani, è aumentato il commercio su di essi, sono aumentate le mafie, sono aumentate le vittime.

La Comunità di Sant’Egidio non si è mai rassegnata a queste semplificazioni. Qui sono stati pensati e costruiti i Corridoi umanitari. Hanno aderito l’allora ministro degli esteri Gentiloni, il ministero degli Interni. Il Governo italiano ci crede. I Corridoi umanitari dimostrano che è possibile arrivare in maniera legale. E’ un esempio in Europa, e non solo per la prima linea dell’accoglienza.

Sant’Egidio ha inventato anche il post, ciò che succede dopo l’arrivo legale nel nostro paese, ovvero il modello dell’accoglienza diffusa. Sappiamo quanta fatica fa il sistema di accoglienza italiano dopo lo straordinario servizio di salvataggio di vite umane. Fa fatica non perché l’Italia è spregevole - l’Italia fa uno sforzo imponente anche nell’accoglienza nei centri. Ma di fronte a più di metà dei comuni italiani che dice: “Non qui, non da me”, grazie a una predicazione del disprezzo e della paura che è responsabile dello sfaldamento di un’intera comunità nazionale e mette a rischio la sicurezza del paese, chi sostiene: “Prima gli italiani e poi gli stranieri, non deve arrivare più nessun immigrato” illude gli italiani. Abbiamo 65 milioni di profughi forzati nel mondo, perché ci sono le guerre, gli sfruttamenti umani, i fondamentalismi, le desertificazioni – da cui si fugge, perché si muore anche di fame – e poi, con l’idea di arrivare al mare e di attraversarlo, si cade nelle mani dei trafficanti umani, delle bande, che ti vendono, ti prestano, ti proibiscono i passaggi. Ci sono intere tribù che vivono di questo. Stando così le cose, chi dice: “Mai più un immigrato” sta illudendo gli italiani, sta aumentando l’insicurezza degli italiani, perché il nemico non sono gli immigrati, non sono gli stranieri, semmai è la marginalità.

La Comunità di Sant’Egidio si impegna costantemente per ideare e mettere in pratica modi per dare una risposta al problema della marginalità. E ha dunque pensato all’accoglienza diffusa - subito, fin dal primo giorno dell’arrivo in Italia - riattivando le comunità civili: Trentino, Emilia-Romagna, Lazio, Toscana. Casali, famiglie, casolari, gruppi, comunità, associazioni. Tutto a carico degli italiani, che accolgono felici di farlo. Non è una tassa: è vita, è essere umani, è divertirsi, scoprire questi bimbi e ragazzi, queste donne che sono straordinarie, hanno resistito a tutto, sono un valore. E allora, dopo il primo “investimento” che viene fatto da chi decide di accogliere, dopo il primo aiuto, queste persone che arrivano da lontano restituiscono cento volte di più ciò che hanno ricevuto.

Daniela Pompei ci informa che 120 nazionalità vengono alla scuola di lingua e cultura italiana di Sant’Egidio a studiare l’italiano.
A condizioni storiche date è importante capire che cosa vuole dire per un paese costruire condizioni umane di integrazione, di inclusione. Assumere un ruolo straordinario che fra 10, 15, 20 anni ci renderà il paese-chiave che ha ricostruito vita futura e dignità per persone di tanti paesi diversi. In questo contesto, quando l’Europa investe direttamente in tutta l’Africa - allo stato attuale - esattamente gli stessi soldi che si investe nella sola Turchia per i campi, per i profughi iracheni, possiamo vedere di che miopia si tratta. E possiamo riscontrare quanto sia importante l’investimento - anche economico, anche strategico - nel costruire ponti e creare inclusione, felicità, con le scuole di lingua e cultura italiana per 120 nazionalità, con l’accoglienza diffusa.
In questo la Comunità di Sant’Egidio ha un ruolo centrale. Sant’Egidio ha una professionalità, una “strana” professionalità – alta, qualificata - di tutte persone non pagate che operano nei progetti e negli interventi della Comunità come attività principale non retribuita. Poi hanno anche un lavoro con cui vivono.

Il progetto “Madri e figli rifugiati” è una scelta intelligente, e mi fa piacere testimoniarlo. Ho conosciuto poi l’intelligenza prospettica del gruppo MSD Italia, che qui collabora con Sant’Egidio, prima di entrare in Parlamento: è una cosa che viene da lontano, non è improvvisata, o tattica. Mi piace pensare che un agire simile potrebbe-dovrebbe diventare contagioso per tutto il mondo dell’impresa.

Credo che con questo fare abbiamo qualcosa che può aiutare gli italiani a essere più felici sapendo anche che si può essere sicuri accogliendo, integrando, includendo. E che tutto questo aumenta la sicurezza, smontando la predicazione dell’odio e della paura. Perché se io penso che quello lì mi sta minacciando, io ho paura. Ma se poi lo vedo, e vedo quel bambinetto, e quel bambinetto è un figlio, e se vedo quella madre, e quella donna, osservo il loro essere persone, come me. E se chi vedo, per provare a spiegarmi quanto è felice, magari canta Toto Cotugno perché così esprime le prime parole di italiano che ha imparato, e lo fa perché lo vuole proprio dimostrare, che ha imparato un po’ di italiano: perché lo devo deludere? Perché lo devo tenere lontano? E’ la marginalità che crea la zona grigia, ed è la zona grigia che crea i rischi e in cui si annida una minore sicurezza.

Con questo progetto ci sono 400 donne aiutate in 400 modi, studiati uno a uno a seconda dei bisogni di ciascuna. Bisogna inventare il lavoro, garantire la salute - che è un diritto umano - personalizzare, capire. Tutto ciò è un gigantesco volano di integrazione e sicurezza che costruisce rete, relazioni, ponti: se queste donne torneranno un giorno nei loro paesi saranno un collegamento fra culture, tradizioni e storie e se i loro figli rimarranno qui saranno italiani e daranno una mano al nostro paese. Che senza i migranti invecchia, stagna, avvizzisce.

Per questo è importante che al Senato si dia il via libera allo ius soli, che io chiamerei temperato, cioè alla legge sulla cittadinanza per i figli dei migranti, che non è una cittadinanza automatica - la si concede ai figli di chi ha carte regolari da più di 5 anni e con permesso di lungo soggiorno europeo. E c’è l’ingresso del concetto dello ius culturae, che non esisteva ed è stato inserito, per chi studia in Italia. Perché anche la cultura fa gli italiani. Se lo ius soli non passasse sarebbe un errore gravissimo, perché quasi un milione di ragazzi che sono in Italia verrebbero tenuti nel limbo, nella marginalità. E il limbo, la marginalità - non la nazionalità – sono i veri pericoli. Non avere lo ius soli sarebbe un grave errore per la sicurezza degli italiani, andando appresso alle paure di chi, purtroppo, racconta favole. 

Intervento alla presentazione del Progetto "Madri e figli rifugiati: dall'accoglienza all'inclusione" alla Scuola di lingua e cultura italiana presso l'istituto San Gallicano a Roma