Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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giovedì 14 luglio 2016

DL Delega Contrasto alla Povertà: dichiarazione di voto

(da 0:58)

Presidente, Colleghi deputati.
È la prima volta, dal 1948, che c’è un miliardo di euro messo a  disposizione delle persone, delle famiglie in povertà assoluta in Italia. Più  quello che si recupererà dalle misure di riordino delle misure assistenziali e sociali già esistenti a livello nazionale, regionale, locale - e in prima battuta possiamo immaginare si riesca ad arrivare a un miliardo e 400 milioni. Sono infatti migliaia, sembra 18 mila, le misure locali e nazionali di tipo assistenziale in Italia. Un Paese in cui facciamo fatica a capire la differenza tra i poveri poveri, poveri assoluti, che non hanno il minimo di cui vivere, e quella parte di incapienti, che possono risultare tali perché evasori o elusori totali. In Italia tutte le misure a sostegno delle fasce più deboli sono di tipo categoriale: per gli anziani, i disabili, altro. Qui è la prima volta che si disegna una misura u-n-i-v-e-r-s-a-l-e di lotta alla povertà assoluta, che è poi moltiplicatrice di povertà, che diventa strutturale per i figli, attraverso quello che il Governo e noi abbiamo chiamato Reddito Minimo di Inserimento.
Due prime volte: un miliardo e più a regime per la lotta alla povertà e una misura nazionale e universale di lotta alla povertà. Nell’Italia delle 21 regioni, 21 sanità, migliaia di comuni, della frammentazione, delle differenze Nord Sud e dei tanti Sud-Sud all’interno dello stesso Sud, dove piangiamo oggi le oltre 20 vittime della tragedia ferroviaria tra Andria e Corato, comunque inaccettabile, troppo medievale, troppo primordiale. Oggi, con dolore, “siamo tutti pugliesi”. Questa legge è per diventare tutti, di nuovo, meglio, “tutti italiani”. Più uguali.
Lo dico subito. Noi siamo favorevoli a una misura universale di lotta alla povertà che abbia la capienza necessaria per intervenire su tutte le persone in condizioni di povertà assoluta e con progetti personalizzati, capaci di unire a un sostegno finanziario progetti di scolarizzazione, formazione al lavoro, inserimento al lavoro, accompagnamento nell’inserimento sociale, accesso alla casa e uscita dalla strada. Per togliere l’incubo della povertà e impedire che per le donne sole con figli e senza reddito, per i giovani che crescono come NEET, abbiano davanti semplicemente il nulla. Con l’Alleanza contro la Povertà, con cui non da oggi collaboro personalmente e con cui collaboriamo come Gruppo di Democrazia Solidale-Centro Democratico. Da presidente della Commissione Affari Sociali voglio pubblicamente ringraziare dalle Acli alla Caritas, ActionAid e la Comunità di Sant’Egidio, e tutti i soggetti che da sempre lavorano per umanizzare la vita nelle periferie delle nostre città e del nostro Paese. E ci vogliono 7 milioni all’anno per questo. Dobbiamo arrivarci. Questa è una legge-delega. L’abbiamo emendata dando al Governo indicazioni chiare sulla necessità di trovare risorse aggiuntive, di operare in questo senso, fino al raggiungimento di tutti i soggetti.
In Commissione, nel lavoro proficuo, attento, delle Commissioni Lavoro e Affari Sociali, abbiamo delimitato il campo, definito la misura indicata dal governo con più precisione.  Abbiamo lavorato in maniera seria, ne do atto alle Relatrici, a tutti i Gruppi, maggioranza e opposizioni, nonostante le visioni e sottolineature diverse. Abbiamo precisato che questa Misura Universale di Lotta alla Povertà che chiamiamo Reddito Minimo di Inserimento Attivo, SIA,

  1. Riguarda tutti i soggetti in povertà assoluta
  2. Deve essere una misura promozionale e non solo finanziaria e assistenziale
  3. Una misura europea, dove non si registrano misure di reddito di cittadinanza, ma di inserimento attivo
  4. una misura che parte dalle famiglie in povertà assoluta e, tra queste, quelle con più figli o con disabili gravi
  5. una misura che parta da chi a 55 anni si ritrova senza lavoro e con famiglie che non riesce a sostenere: criteri di priorità che sono contento siano stati definiti in gran parte con un emendamento del mio Gruppo, che ritengo qualificante e davvero migliorativo del testo.

Allora: due prime volte. Intanto un miliardo e più stanziati a regime e l’inizio, sì, l’inizio, di una misura universalistica di lotta alla povertà. Per questo siamo favorevoli, senza riserve, al provvedimento. E quale ne sarà la narrazione, confusa come sempre, che ne verrà, i cittadini italiani debbono sapere che non era mai successo prima. Un tentativo di reddito di inserimento attivo era stato il risultato della Commissione Nazionale per la Lotta alla Povertà, di cui facevo parte, e che maturò una prima sperimentazione. Poi ripresa recentemente su 12 grandi città italiane. Che diventasse una misura nazionale e a regime non era mai accaduto. Ed è successo dopo che dal 2000 in poi i governi di centro-destra e a contributo leghista hanno progressivamente azzerato i vari Fondi, come quello per la non auto-sufficienza, e dentro la più grande stagnazione e crisi economica e sociale dal dopoguerra a oggi. E’ una scelta politica. E’ una scelta giusta. Coraggiosa. Qualificante.
Dobbiamo e vogliamo lottare per ridurre le disuguaglianze. Questo significa la legge-delega che approviamo oggi. A questo si impegna questo governo, questa maggioranza. Perché è quello in cui crediamo e è l’unico modo di non promettere la luna agli italiani e portarli verso il nulla o verso i familismi amorali, dove ci si fida solo dei propri parenti o affiliati, come se questo fosse un criterio di garanzia sull’onestà e sulle capacità. Con il rischio di soluzioni dilettantesche e promesse populiste mai sperimentate, mai testate, o semplicemente insostenibili.
Facciamo chiarezza nel linguaggio. Reddito di Inserimento attivo e Reddito di cittadinanza. La seconda è una misura che chi la propone quantifica in 17 miliardi l’anno. Legata all’esistenza in vita, non sottoposta alla prova dei mezzi. Non legata a un patto sociale di partecipazione attiva al progetto di uscita dalla povertà, di messa in gioco personale per cambiare in meglio le condizioni di vita personali e della propria famiglia. Non c’è in nessun paese d’Europa. Non se ne conoscono gli effetti potenziali di depressione del mercato del lavoro, sull’educazione, sull’idea e i progetti di vita. Come un farmaco nuovo di cui non si sanno gli effetti collaterali o letali. C’è una cosa simile in Alaska, pochi abitanti, tanto ghiaccio, tanto petrolio: ma è una specie di distribuzione ai cittadini dei dividendi provenienti da quel petrolio.
Chi, da destra chiede di più, dopo avere azzerato i pochi fondi esistenti per le fasce più deboli, oltre che per la cooperazione internazionale, dimentica il passato e le proprie responsabilità e fa il minimo sforzo.
Ma, è vero, la povertà è intollerabile. E la disuguaglianza tra chi ha di più e chi ha di meno la rende ancora più inaccettabile. Ognuno ha la sua storia personale, anche prima di questo Parlamento. E quello di cui parliamo oggi, la Lotta alla Povertà, semplicemente coincide con la mia vita personale. Avrei sperato di poter regalare al Paese una misura chiara, capiente, che intanto attaccasse tutta la povertà assoluta. E’ un primo, grande passo. Ma solo il primo.
In Italia, dice l’Istat, vivono in condizioni di povertà 4.102.000 donne e uomini. Il fenomeno è più diffuso e persistente nel sud dove vivono 1.900.000 donne e uomini poveri. Livelli elevati di povertà assoluta in particolare sono segnalati per le famiglie con cinque o più componenti, soprattutto se coppie con tre o più figli. L'incidenza di povertà assoluta diminuisce con l'aumento della scolarità della persona: se questa è almeno diplomata, l'incidenza è quasi un terzo di quella rilevata tra chi ha la licenza elementare. La povertà minorile: sono più di un milione le bambine e i bambini poveri, il doppio rispetto a quanto stimato nel 2011, quasi il doppio, e il triplo rispetto a quello del 2008.
Questi sono i numeri della povertà assoluta. Poi c’è quella relativa, di chi ha meno della metà del reddito medio di un altro italiano, che cresce. Cresce anche se i consumi sono diminuiti. Per effetto dei miraggi della statistica sembra che diminuiscano le disuguaglianze, perché tutti consumano di meno. Ma non è vero.
Ma i numeri significano persone. Chi non ha il necessario. Chi ha il problema del ticket da pagare e esita a curarsi. Chi tiene il biglietto dell’autobus nel cassetto, se ha una casa. O si rivende il biglietto a tempo dopo che è sceso dall’autobus. Chi non trova casa e resiste perché ospitato di nuovo in casa dei genitori anziani: il grande ammortizzatore sociale nazionale, considerato un peso, ma in realtà il grande sostegno di questi anni di crisi. Chi non fa più un progetto di vita a medio temine e non progetta una famiglia, non si assume il rischio e la gioia di fare un figlio. Chi in età matura esce dal mercato del lavoro e crolla nella vergogna, perde dignità, oltre che reddito.
Questa legge non dà risposta immediata a tutto questo ma per la prima volta indica tutta la strada e le cose giuste da fare e interviene davvero sulle urgenze maggiori.

Nel testo è stata inserita, con un emendamento approvato dalle Commissioni, la previsione che il Fondo sarà alimentato, oltre che dal riordino delle prestazioni già destinate al contrasto alla povertà, anche con successivi provvedimenti legislativi, cioè con risorse il cui reperimento dovrà essere assicurato da provvedimenti ulteriori che dovranno consentire di raggiungere, nella misura definita in questo disegno di legge, progressivamente, le persone in condizione di povertà assoluta. Si rende così più chiara la direzione di marcia e cioè la scelta di realizzare la graduale estensione della platea delle persone interessate e l'incremento del valore del contributo economico nei limiti delle risorse, appunto, di cui potrà disporre il Fondo.
Anche il riordino di questa materia è utile e anche urgente, ma è giusto tenerlo fuori da questo provvedimento, avendo, tra l'altro, anche rilevanti implicazioni di natura fiscale. Inoltre, l'impostazione di tutto il provvedimento che fa perno sull'attivazione delle persone, motiva l'esclusione della popolazione anziana per cui esiste già e va valorizzata una misura di contrasto alla povertà, l'assegno sociale, che ha regole rigorose, il cui utilizzo è davvero limitato a fasce di reddito molto basse e che comunque attribuisce già alla lotta alla povertà oltre 4 miliardi e mezzo di euro. 
Si fissa un livello essenziale di aiuto sociale. E’ un nuovo diritto. E’ un percorso per ricreare uguaglianza nella disparità assoluta, come raccontano i 27 euro di spesa sociale in Calabria pro-capite e gli oltre 120, fino a più di 200 di Emilia Romagna, Lombardia, Val d’Aosta. O le tante invalidità civili al Sud e i miliardi di monte-ore di cassa integrazione al Nord.
Per la prima volta nel nostro Paese la povertà è posta al centro di un provvedimento che si pone l'esplicita finalità di contrastarla in maniera strutturale, seppure con gradualità. È anche l'occasione per un riordino delle prestazioni esistenti, che, seppure di portata più limitata rispetto al disegno originario, porterà una maggiore razionalità ed equità complessiva nel sistema del welfare. Inoltre, potranno rafforzarsi meccanismi di coordinamento a livello nazionale, che permetteranno una più efficiente ed efficace gestione dei servizi e ridurranno l'eccessiva frammentazione dell'attuale sistema.
La sfida, e mi avvio a concludere, è quella della lotta alle disuguaglianze. E alla povertà. Non si vince con una legge, ancorché buona, come questa. Ma si può vedere l’uscita dal tunnel, la direzione giusta, questo sì. Le disuguaglianze, al tempo del capitalismo finanziario e della globalizzazione, sono una sfida non vinta da nessuno, in tutto l’Occidente e un punto interrogativo anche a Oriente. Cresce la distanza tra chi ha di più e chi di meno. Il liberismo produce ricchezza e lascia fuori sempre più gente dal paradiso della nuova medicina, mentre indebolisce il senso di appartenenza, le comunità, aumenta la frammentazione, il tutti contro tutti. E, in tempi di poco lavoro e poca crescita, la rabbia, i populismi, gli apprendisti stregoni, e quelli che votano senza sapere per cosa, come nella Brexit. Le socialdemocrazie sono state lente nella difesa dei diritti di chi è fuori dal mercato del lavoro, nella capacità di proposta di forme di solidarietà attiva, capace di includere generazioni diverse,di occuparsi di diritti e non solo di protezione del lavoro esistente. Le disuguaglianze si vinceranno anche se abbasseremo la conflittualità, la frammentazione, se saremo capaci di accompagnare la rabbia e trasformarla in voglia di partecipare alla costruzione di città più vivibili, e non se la useremo per individuare di volta in volta i capri espiatori, gli immigrati, gli anziani non autosufficienti o i pensionati, i “politici” come se i cittadini fossero per diritto divino migliori. Possiamo costruire ancora, assieme, una “democrazia solidale”, che è la risposta anche a questo tempo di crisi. Cominciamo dalla Lotta alla Povertà.