La scelta della Gran Bretagna di uscire dall'Unione Europea, a forte
rischio di bruciare ricchezze mondiali e restringersi a scelte da piccola
Bretagna, pone subito all'Unione scelte importanti per non disperdere il lavoro
delle Agenzie Europee che hanno avuto sinora sede a Londra. Tra queste, di
certo l'EMA, l'Agenzia regolatoria europea del farmaco.
L'Italia ha i titoli per ospitarla e per farne crescere l'impatto, a favore dei cittadini europei e della ricerca. L'industria farmaceutica italiana è il settore che ha reagito meglio negli ultimi anni alla crisi economica e finanziaria, con un export attorno al 72 per cento, una crescita del numero di addetti anche nel 2015 (+6000) e investimenti già individuati di oltre un miliardo tra studi clinici, sviluppo e ricerca. Un settore dinamico che ne fa già la seconda manifattura del campo in Europa, dopo la Germania, ma con un tasso di produttività per addetto superiore, anche considerato il minore mercato interno.
E' una eccellenza che va di pari passo con la qualificazione del lavoro dell'AIFA,
l'Agenzia del farmaco nazionale, che è considerata ai massimi livelli europei
per l'innovatività delle modalità di accesso ai farmaci. Secondo i dati
disponibili, l’AIFA ha anche mostrato una capacità di contrattazione con le
case farmaceutiche di efficacia maggiore rispetto a soggetti omologhi europei,
con prezzi nel complesso più bassi fino al 20 per cento rispetto a quelli praticati in altri paesi, dalla Germania alla Francia.