Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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giovedì 4 febbraio 2016

Dopo di noi: dichiarazione di voto finale





Dichiarazione di voto di Mario Marazziti, Gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico (presidente della Commissione Affari Sociali)

E’ sempre una bella giornata quando, magari dopo tanti anni come accade oggi, una legge riesce a togliere angoscia, a restituire un sorriso, tranquillità a migliaia di famiglie, e alla fine, a milioni di persone. A chi non conta.

E’ una bella giornata quando si liberano i prigionieri e quando finisce una guerra.

Quando si restituisce vita, futuro, dignità, indipendenza e serenità. Un diritto garantito dalla Costituzione, all’art.3, dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, all’art.19, che sancisce “il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone”, diventa un diritto pieno in Italia. Per i “Disabili gravi” e le loro famiglie. Poveri e ricchi.  Un diritto umano riconosciuto in tempi di confronto sui diritti civili.

E’ il diritto per le famiglie dei disabili gravi di vivere senza terrore per il futuro dei propri figli. Il diritto di poter morire in pace, anche di essere stanchi, sapendo che i propri figli, che senza aiuto non vivrebbero, hanno una vita vera. Dopo di noi.

Ci sono leggi che segnano anche una svolta culturale. E’ il caso di questa legge sul “Dopo di noi”.

Un Fondo pubblico, di 90 milioni per quest’anno e con i primi 150 milioni nel triennio, perché le Regioni e tutti i soggetti interessati possano garantire percorsi personalizzati per i disabili gravi dopo la morte dei genitori. Progetti di vita, personalizzati ripeto, decisi dai genitori, i fratelli e le sorelle, da chi ama la persona con quel problema e dai protagonisti se il tipo di disabilità lo permette. Assieme alle strutture pubbliche.

Dopo di noi – è questo il diritto che si riconosce alle famiglie – il mio ragazzo, il mio caro, vivrà in un luogo e in un modo che è il più vicino ai suoi affetti e alla sua indipendenza. E viene definito come opererà il cosiddetto “trust”, e la persona di fiducia, il trustee. La legge definisce non solo lo strumento, il quanto le famiglie possono destinare per questo diritto al futuro, ma anche il chi e il  come. Le famiglie, i privati, i cittadini, possono, con agevolazioni fiscali doverose e ovvie, destinare beni per garantire condizioni di vita dignitose e affettivamente quanto più simili a quelle che si vivono in una buona e bella famiglia. Ma mentre si è ancora in vita, si possono creare fondi vincolati, nell’uso e nella destinazione, beni, risorse, che permettano “quando noi non ci saremo più” o anche adesso, che mio figlio, mio fratello, la mia amica, possano continuare a vivere bene, ad avere quello di cui hanno bisogno. E COME: anche la possibilità di andare a vedere la Roma, il Napoli o l’Inter, o il Palermo, se quella è una cosa che fa parte delle proprie abitudini o desideri, uno che accompagni per non smettere di fare parte di un coro, o di un’associazione, o di un corso di pittura, o di andare a una terapia.
Le famiglie vengono liberate da un incubo. Quello di non dovere essere disperate, sole, davanti all’interrogativo: “chi si occuperà di lei, di lui?”. E questo si può fare mentre si è in vita, e già possono essere cominciati questi percorsi di vita.

E’ l’universalismo dei diritti che arriva anche in campo sociale per i più deboli nella popolazione italiana. L’ha voluto una larga maggioranza dei gruppi parlamentari, 6 progetti di legge, primi firmatari come Argentin, Grassi, Binetti, altri. Il lavoro della relatrice Carnevali, un grande lavoro di ascolto, il sostegno del Governo, la collaborazione convinta del PD, ovviamente di Democrazia Solidale-CD,  nella Commissione Affari Sociali, non è mai mancata la sottosegretaria Biondelli, e questa Commissione che ho avuto l’onore e la responsabilità di guidare nella fase finale di questo lavoro.  FONDO PUBBLICO E TRUST. Solidarietà, sussidiarietà verticale e orizzontale che si incontrano. Verticale: stato, regioni, il pubblico che si avvicina a tutti, ricchi e meno ricchi. Meno istituzionalizzazione e più autonomia e forme di vita a misura familiare. Persone e non categorie al centro. Chi è disabile grave ha diritto di essere aiutato come tale anche a 65 anni e a non finire in una RSA per anziani o in istituto. E’ per me anche la battaglia di una vita. Superare gli istituti e creare reti di solidarietà. Ma va fatto con delicatezza. Ci sono istituti dove si vive male e si muore, e casi in cui invece persone che non potrebbero vivere senza quell’istituto vivono grazie a quell'istituto ancora. E  solidarietà orizzontale: le famiglie, la società civile, le associazioni no profit, che si integrano e creano vita più umana, risorse e opportunità aggiuntive. Un ringraziamento a tutti loro.

Il TRUST per la prima volta è regolamentato, all'art.6. Dovremo ampliare l'uso di questo istituto in futuro anche per sostenere con donazioni e agevolazioni il no profit a favore di altre fasce deboli. 

Troppa solitudine fino ad oggi per le  famiglie. Sole anche con il senso di colpa, mentre una cultura dominante arretrata ha bollato solo come handicap le persone, incapace di vedere il valore della vita e della vita anche indebolita. Tanti ancora definiscono la vita a partire dall’handicap e non dalla vita tutta intera.

E’ una legge che ci dice chi siamo. Vale anche per chi disabile grave non è. Viviamo nel sogno e nel mito dell’indipendenza. E’ un valore l’indipendenza, anche per chi ha una disabilità grave. Ma non è un valore assoluto. Se essere disabili vuole dire dipendere da qualcuno, siamo tutti disabili, in maniera diversa. Dipendenza è anche relazione, affettività, rottura dell’isolamento, se tra uguali, quando si riconosce la dignità dell’altro.  Siamo, sì, tutti indipendenti, e tutti interdipendenti. Tutti dipendiamo da un sorriso, l’attenzione di un altro, la considerazione degli altri.

La nostra è una società che fa fatica a scoprire quanta vita c’è quando non è fatta di sani, forti, intelligenti, di successo. Per questo, questa legge è una grande occasione per tutti. Non solo per i 15 milioni che in qualche modo sono a contatti con persone con disabilità più o meno grave. Non solo per i 2,2 milioni di persone con disabilità, come ci dice l’ISTAT, o le 580 mila persone con disabilità grave sotto i 65 anni, di cui 260 mila vivono assieme a uno o entrambi i genitori, e almeno 86 mila che vivono con genitori anziani. Tutti, uno per uno, persone. Con un nome e una storia. Non solo per quelli che vivono in istituti, RSA non pensate per loro, convivenze troppo grandi e troppo diverse da una famiglia, se non vivono in casa. I dati ci dicono che l’86 per cento dell’offerta è in strutture con più di 30 posti, mentre solo il 3,7 per cento vive in soluzioni alternative, case famiglia, comunità-alloggio: anche se alcune sono straordinarie. Tra i disabili gravi c’è così tanta vita che qui una legge finalmente aiuta progetti personalizzati per il futuro.

E’ una occasione straordinaria e controcorrente. Ci fa vedere le nostre contraddizioni.  In una società, la nostra, dove lunghe sono le file di chi desidera adottare un bambino, ma dove i bambini con disabilità adottati sono appena lo 0,2 per cento. Dove molti non nascono nemmeno se si scopre presto una disabilità. Dove molte persone con disabilità grave temono programmi di eugenetica o di morte anticipata tutte le volte che sentono parlare di eutanasia, di vita che non è più vita. Ricordiamocelo. Pensiamoci. Anche in futuro.

E’ una bella legge. Non ci sono lobby. I disabili gravi sono la lobby più debole di tutte, così come il no profit, il volontariato. Il trust che viene istituito per proteggere anche in futuro il disabile grave ha finalità precise: si lega al progetto di vita che è elaborato in maniera personalizzata  assieme agli stessi destinatari, se possibile, e a chi li ama, ancora in vita. E magari, come dice Ileana, può garantire anche che le abitudini più semplici, quelle che hanno una ritualità affettiva, come il gelato preso d’estate o il cinema in una sera di inverno o la partita o la messa alla domenica non si interrompa per l’invecchiamento dei familiari. Il gelato di Marco, il coro della domenica di Marta, la partita di Maurizio.

C’è chi ha parlato in quest’aula, dal Movimento 5 Stelle, di favore alle assicurazioni, lobby delle assicurazioni. Una favola e un disco rotto, ve lo dico con amicizia. Come presidente della Commissione Affari Sociali, da luglio tra centinaia di richieste di incontro non ne ho ricevuta nemmeno una – e sarebbe legittima – dal mondo delle assicurazioni. Così non si aiuta un disabile, le famiglie. Così ci si stacca dal bene comune. Non raccontiamo un mondo che non c’è. Non intristiamo una bella giornata. Non private chi aspetta da anni questo po’ di luce, facendovi intrappolare e diffondendo il solito racconto che pesca nel sospetto. Per questo sono orgoglioso anche come presidente della Commissione Affari Sociali di avere partecipato a questa accelerazione,  e come gruppo Democrazia Solidale-CD, di annunciare il voto favorevole del Gruppo. Con allegria, non solo con convinzione, per una legge che finalmente si occupa di molte famiglie italiane e rende un po’ migliore, meno dura, la nostra società.