Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

giovedì 22 ottobre 2015

No justice without life, Giustizia e Diritti umani, oggi.





NO JUSTICE WITHOUT LIFE
(a Japan without the death penalty is possible)

      Japanese National Diet, Tokyo, October 22nd, 2015

Address by Mario Marazziti, 
President of the Commission for Social Affairs, Italian Chamber of Deputies


“DEATH PENALTY IS USELESS, UNJUST, INCOMPATIBLE WITH HUMAN RIGHTS AND HAS NO PLACE IN THE 21ST CENTURY”
Ban Ki-moon, 10 ottobre 2014





“Questa convinzione ( la Regola d'Oro, Fai all'altro quello che vuoi sia fatto a te) mi ha portato, fin dall’inizio del mio ministero, a sostenere a vari livelli l’abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini.
Papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti, 24 settembre 2015


Giustizia e Diritti Umani, oggi.

E' straordinario essere qui, nel cuore della democrazia giapponese. Vengo da una democrazia, quella italiana, che si è consolidata dopo la Seconda Guerra Mondiale. Parte di quelle democrazie europee che si sono ripensate dopo la Guerra planetaria e gli orrori dei campi di sterminio come democrazie inclusive. Verso chi non gode delle stesse libertà e chi non gode dei diritti umani di base. Democrazie, direi, "umaniste, portatrici in questo della complessità e della pluralità di storie e di culture europee.

Diritti umani. Ci sono nuovi diritti umani oggi che vedono e devono vedere una collaborazione sempre più stretta tra grandi democrazie, Europa, America, Giappone, India, e qua ti hanno più responsabilità, Cina, Brasile, Sudafrica, ma anche paesi più piccoli. Il diritto all'acqua, rispettare il pianeta e smettere di sfruttare la terra e creare deserti, per prevenire le guerre e le grandi migrazioni e le povertà del futuro, oltre a quelle presenti. Il diritto alle cure. All'istruzione. A non essere forzati a sposarsi da bambine.
Ma c'è una violazione radicale del diritto alla vita che è la morte inflitta dallo stato. Sono le guerre. E c'è la guerra individuale di uno stato intero contro un individuo, con gli stessi mezzi di distruzione. E' la pena di morte, che riassume in se tutte le violazioni dei diritti umani. Perché contiene la tortura e la distruzione. Prima della dignità umana e poi della vita stessa. E' una contraddizione radicale per ogni stato che vuole proteggere la vita e affermare e garantire la giustizia. Che, in radice, deve garantire il diritto alla vita. Di tutti.

Ma le democrazie europee sono oggi in difficoltà, sotto spinte populiste, a causa di stagnazione economica e di gruppi che utilizzano il disagio sociale e le grandi migrazioni mondiali per creare capri espiatori e scorciatoie politiche. Quando le democrazie sono deboli cercano vie "muscolari". Guerra, pena di morte, punizioni esemplari. Anche se non esistono statistiche al mondo che possano dimostrare che a una esecuzione in più corrisponda un crimine in meno, perché non c'è alcuna relazione, a livello planetario e paese per paese tra la curva dei crimini gravi e la curva delle esecuzioni.
Perché la pena di morte dipende più dalla geografia che dalla gravità dei crimini e dalla sicurezza da garantire alla società. Anche all'interno di uno stesso stato.

Le democrazie occidentali sono da tempo tentate di pensare se stesse in maniera semplificata. Come se fossero soltanto il momento elettorale e non la rappresentanza e la mediazione tra interessi fu verdi, anche quelli delle minoranze, un sistema di pedine contrappesi, dove sempre la vita umana e il bene comune sono il centro. Sono cresciuti i sostenitori e gli interpreti di una democrazia appiattita sui sondaggi. E' la democrazia che crea governanti senza leadership, che seguono gli umori della popolazione attraverso i sondaggi, e cercano di piacere. E' la politica che crea i follower e non i leader. Followship e non Leadership.

La democrazia non è i sondaggi. Quella è una democrazia caricaturale, "En travesti", umorale. Se in Italia o in Europa si facesse un sondaggio per abolire le tasse o per ricevere tutti un salario aggiuntivo, probabilmente non è impossibile che il 70, l'80 per cento si dicano favorevoli. Ma le nostre società morirebbero. Così e' per l'80 per cento dei giapponesi che secondo il sondaggio governativo sosterrebbero la pena di morte in Giappone. Il sondaggio dell'Unione Europea riporta lo stesso dato, ma anche l'80 per cento che sarebbe favorevole e rispettoso della decisione del governo se volesse abolirla.

Il Giappone è un paese forte, con una storia antica e una capacità di reinventarsi nella modernità. Siamo qui perchè come antichi amici del Giappone. Il Giappone esporta, nel mondo globalizzato, un senso profondo della bellezza e dell’armonia, dell’importanza della comunità e del bene comune. Il rispetto delle regole. La capacità di porre rimedio all’errore. Come quando si sbaglia il prezzo pagato del biglietto in metropolitana e subito si può pagare la differenza. Il Giappone è interessato a come l’Europa gestisce il cambiamento storico, epocale, delle grandi migrazioni mondiali. Il Giappone guarda all’America, per molte cose, con simpatia. E’ tempo che diventi normale prendere dall’altro le cose migliori per una globalizzazione dello spirito e per un XXI secolo meno violento e più giusto. E’ importante che il Giappone sia più vicino all'Europa e all’Occidente e che senta l’affetto di un amico europeo che viene a dire che il Giappone può essere migliore, più forte e più stimato nel mondo senza pena di morte. Il mondo può imparare dal Giappone l’orrore per la follia nucleare, in questo 70 anno anniversario di Hiroshima e Nagasaki.

C'è' bisogno di un senso più alto della giustizia. E davvero, il mondo se ne sta accorgendo, “Non c’e’ giustizia senza vita”. Perché il mondo sta cambiando.
L’Europa dopo due guerre mondiali sa che bisogna evitare la morte come pena ad ogni costo, la morte di Stato. Ma questa consapevolezza sta diventando contagiosa.

Mi sono trovato a lavorare direttamente, con la Comunità di Sant'Egidio,  alle Nazioni Unite perché si allargasse il fronte del No alla pena di morte. L’Italia e l’Europa ne hanno fatto una scelta stabile. Dal 2007 a oggi i paesi che hanno approvato la Risoluzione dell’UNGA per una Moratoria Universale della pena di morte sono saliti da 103 a 116.  E I contrari sono meno di 50. Gli altri si astengono. E’ il più grande cambiamento della Storia. La Comunità di Sant’Egidio, grande amica del Giappone e dei giapponesi, del dialogo e della pace, ha lavorato per questo, aiutando a rinunciare alla pena di morte, tra gli altri, paesi come la Mongolia, l'Albania, l’Uzbekistan,il Kirghizistan, il Gabon, il Benin, il Cile, l’Argentina. E stati come l’Illinois, il New Mexico, il New Jersey, il Nebraska, negli Stati Uniti, ad abolire la pena di morte.

Sono venuto qui, con colleghi autorevoli del Parlamento giapponese, per dare una buona notizia. Il mondo sta cambiando rapidamente e abbiamo bisogno del Giappone. Che il Giappone non stia con la parte del mondo che pensa che i nemici, il male, va combattuto con la morte. La morte di Stato.

Kenjii Goto, ostaggio giapponese nelle mani del cosiddetto Stato Islamico e' stato assassinato in maniera rituale dal boia John, un foreign fighter inglese, diventato una star dell'orrore. Abbiamo sofferto con i giapponesi a vedere le immagini, riproposte all'infinito dai social media molto dopo l'ultima visione sulle televisioni mondiali del video di quella esecuzione. Le esecuzioni  sanguinose e sadiche del terrorismo islamista, del Califfato Nero,  vuole trasmettere orrore e terrore, e forza. Per noi sono innocenti barbaramente uccisi. Ma per il Califfato sono colpevoli. Quei video ci mostrano, nudo, l'orrore della pena capitale. È barbarie.

È il Medioevo che torna nella modernità. Il Giappone, gli Stati Uniti, non possono stare dalla stessa parte del Califfato. Gli Stati Uniti e il mondo stanno cambiando rapidamente. La buona notizia à proprio questa. Dopo la Seconda Guerra mondiale, solo quattro stati avevano abolito la pena di morte. Negli anni 70, appena venti. Adesso, più di 100 paesi l’hanno abolita e più di 150 non la usano da più di dieci anni.

Gli Stati Uniti stanno cambiando. 20 stati americani hanno abolito la pena di morte e altri 7 non la usano da più di dieci anni. Negli ultimi sette anni, dopo 30 anni di immobilismo, 7 stati americani hanno abolito per legge la pena capitale: New Jersey e New Mexico, Connecticut e Maryland, New York e Illinois, lo stato di Obama, il Nebraska quest’anno. È il primo stato americano conservatore, repubblicano. Bruce Springsteen aveva dedicato due canzoni alla pena di morte nel suo disco Nebraska solo pochi anni fa. Siamo al livello più basso di sentenze capitali e di esecuzioni da venti anni.

Perché? Troppi errori giudiziari, troppi innocenti nel braccio della morte. Il DNA prova che su tutti i casi la cui sentenza à stata trovata falsa, sbagliata, il 70 per cento dei casi si basava su testimoni oculari e su confessioni. Proprio i casi in cui diremmo tutti che quella condanna è giusta: “L’hanno visto”, “Ha confessato”, ma era falso lo stesso.

Troppa discriminazione sociale. E poi non c’entra niente con i crimini commessi. Uno su 100 riceve la sentenza di morte. E gli altri? Non c’entra con la giustizia, la pena di morte, ma con la geografia. Dipende dal giudice, dalla polizia, dalle confessioni, dalla razza, dalla condizione sociale, dagli avvocati, dalla politica. L'ho detto, non ha nessun rapporto con la curva del numero degli omicidi. In nessuna parte del mondo. Una linea va da una parte e l’altra va da un’altra parte. E negli stati che non hanno la pena di morte gli omicidi sono più  in calo che in quelli in cui c'è ancora la pena di morte.

Allora sono qui per dare una buona notizia, e per fare un’offerta.
Il Giappone è un paese che ama la tecnologia e che è sempre attento alle innovazioni.  È stato inventato in Italia un micro-chip che non esisteva venti, trenta anni fa. Un micro-chip che si può riprodurre con facilità. La Comunità di Sant'Egidio e chi e qui sono molto bravi in questo tipo di innovazioni. È la start up che dimostra che uno stato è più sicuro, che i cittadini sono più  sicuri, che un sistema giudiziario è più credibile, che una democrazia è più  democrazia, senza pena di morte. È il micro-chip della sicurezza e non della propaganda. È una start-up di successo. Vale molto e costa poco. Si può investire oggi e avere un grande valore domani. Il Giappone sa come investire nelle nuove tecnologie. Questa è la nuova tecnologia della giustizia e della sicurezza, che riduce la violenza: una giustizia che sappia rispettare sempre la vita. Se si può abolire la pena di morte dopo un genocidio, per dire che la vita non può mai essere tolta, si può abolire e fermare le esecuzioni anche per i casi individuali, o per chi, in maniera folle, toglie la vita anche a tanti.

I diritti umani hanno bisogno di questo. C’è bisogno di non desertificare il mondo e rispettare la natura, perché questo crea guerre, migrazioni e morte: ma non sono crimini puniti con la vita. C’è bisogno di trovare risposte insieme alle grandi migrazioni mondiali. Di garantire il diritto alle cure anche in zone del mondo dove non è garantito. E UE, USA, Giappone possono molto, se insieme per queste battaglie universali. C’è il diritto umano all’acqua, per prevenire le nuove guerre. E c’è il diritto umano a professare la propria religione, in pace con gli altri, senza violenza e persecuzioni.

Ma c’è bisogno di abbandonare il terreno della cultura della morte in tutti i campi. E di usare il micro-chip dell’abolizione. Il Giappone non può rimanere all’epoca della TV analogica quando c’è quella digitale, al tempo dei DVD dopo Apple e gli smartphone.

• E’ qualificante dello stato di salute del mondo che l’ultima Risoluzione per una Moratoria Universale all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a dicembre 2014, ha visto 116 paesi che hanno detto sì, da 104 che erano la prima volta, nel 2007. E meno dissensi. Solo 40 si oppongono. Gli altri si astengono. Anche il Giappone potrebbe decidere, sovranamente per una moratoria delle esecuzioni. C’è bisogno di fermarsi a pensare. Il sistema non è  perfetto, considerando la necessità di una riflessione , come mostrano I casi di Sakae Mende e del signor Hakamada, condannati a morte, ma innocenti: nessuno stato è mai perfetto.

Ma si può cambiare?

Ci sono buone ragioni per pensarlo e per farlo. Non possiamo mai diventare come chi uccide. Perché si legittima una cultura di morte. Ho partecipato con Nelson Mandela e la Comunità di Sant’Egidio al negoziato per la fine della guerra civile  in Burundi: un genocidio tra etnia hutu e etnia tutsi. Un genocidio autentico, Come in Ruanda, come in Cambogia: centinaia di migliaia di  vittime, o milioni come in Cambogia. Dopo il genocidio, sia Ruanda che Burundi che Cambogia, come il Sudafrica dopo l’apartheid, hanno rinunciato alla pena di morte. E’ il modo per delegittimare la violenza al livello più alto, e anche un modo per dire: in nessun caso la vita può essere tolta. Non si può riconciliare un Paese se resta la vendetta di stato, che potrebbe essere usata dal gruppo predominante sugli altri.
Ma oggi la schiavitù e la tortura sono considerate fuorilegge. Sembrava impossibile che una società potesse fare a meno della schiavitù per reggersi economicamente. Oggi sappiamo che era falso.

Si, c'è una accelerazione

Perché il mondo e anche il Giappone possono essere migliori senza la pena di morte? Perché quando lo stato uccide in nome della comunità, abbassa tutta la comunità al livello di chi uccide. Perché quando lo stato uccide, uccide dopo anni, a sangue freddo. Allora lo stato compie un’azione ancora più terribile di quella dell’assassino perché aggiunge un calcolo e una scientificità. E’ la differenza tra una prigione normale e un campo di sterminio, dove ogni azione è calcolata per distruggere.

- Nel mondo, la pena di morte, come in Giappone, non rende la società più sicura. Colpisce sempre in maniera sproporzionata le minoranze o le fasce più deboli della società, non garantite da collegi di difesa efficienti. E non c’è un caso al mondo in cui sia possibile affermare che c’è una relazione tra pena di morte e riduzione dei crimini più gravi.

-E' importante dire questo, proprio per ricordare qui, a Tokyo, che la pena di morte non è un tratto identitario del Giappone. E neppure dell’Asia. Quando in Europa la pena di morte era normale, nel Medioevo europeo, l’imperatore Shomu abolì la pena capitale, nel 724. Poi, nell’810 una seconda era abolizionista si affermò, per tre secoli, nel periodo Heian, fino al 1156: e  il Giappone è stato una terra senza pena capitale. I sette secoli del Giappone dei samurai, fino alla fine dell’era Tokugawa (1600-1867) ha poi visto un alto numero di esecuzioni, più di mille ogni anno, e l’inizio del segreto attorno alle esecuzioni, nell’interesse dell’executioner, perché maneggiare la morte era considerato, come in molte culture, contaminante.

Nel mondo, la crescita economica, la democratizzazione, la riduzione del numero degli omicidi grazie alla riduzione della forza e della giustizia private e il cambiamento culturale e sociale, l’interdipendenza, hanno creato una accelerazione nella riduzione della pena capitale. Solo 20 stati nel 1971 avevano abolito la pena di morte, oggi, l’abbiamo ricordato, 141. David T. Johnson e Franklin E. Zimring hanno detto del Giappone: “Sviluppo senza Abolizione”. Ma non sta scritto da nessuna parte che debba essere così.

- Sono quasi sempre le leadership illuminate ad avere determinate il cambiamento, anche in paesi democratici. E questo si addice anche al Giappone, che assegna al ministro della Giustizia e alla Corte Suprema un ruolo decisivo nella decisione di dare seguito alle condanne a morte. Le opinioni pubbliche sono importanti, ma le leadership e le leggi possono aiutare una evoluzione. E sono una protezione in tempi di crisi economica mondiale, o quando casi terribili di violenza hanno luogo.

• Ricerche sofisticate sull’utilizzo dei sondaggi mostra come vi sia una grande differenza di risposte se viene introdotta la domanda sulla possibilità di misure alternative come il carcere a vita e la possibilità di risarcire la società, che contiene anche la possibilità di redenzione e di ristabilimento dell’armonia nel mondo in un modo diverso dalla pena di morte. Specialmente di fronte alla consapevolezza che errori giudiziari sono possibili. E che ogni esecuzione capitale crea nuove vittime, quelle delle famiglie di chi è ucciso.


E ci sono cose che solo il Giappone può decidere di fare, sulla via verso un migliore sistema giudiziario.

-Secondo il nuovo Codice in Giappone non è necessario un verdetto unanime e non è previsto, per legge, un percorso di Appello. Che è discrezionale. Al tempo stesso, a differenza di molti altri sistemi giudiziari internazionali, nel processo di appello è possibile che l’accusa possa ottenere una condanna più severa, e anche la pena di morte, anche in casi in cui già era stata comminata una sentenza a vita. E’ accaduto in 15 casi.
Questo non pone il Giappone in una posizione di leadership mondiale come in altri campi.

- Ma dopo il caso Hakamada penso sia giusto riflettere anche in Giappone sulla necessità di una pausa di riflessione. Negli USA, di 250 casi radicalmente inquinati, svelati dal test del DNA, 17 riguardavano persone condannate a morte. Kirk Bloodworth, condannato a morte in America, era stato condannato “con certezza” sulla base di 5 testimoni oculari. Il 30 per cento dei casi rivelati erronei dal test del DNA sono sulla base di testimonianze oculari, quelle che ogni giuria riterrebbe inoppugnabili. Un altro 30 per cento era basato su confessioni firmate dagli imputati.

- In Giappone 18 reati sono punibili con l’impiccagione. Respingendo  tutte le raccomandazioni sulla pena di morte durante il Primo Ciclo di Revisione Periodica Universale, il Giappone non è riuscito ad avviare le riforme necessarie a fornire garanzie essenziali per proteggere le persone innocenti ed incapaci dall'esecuzione. Inoltre, le difficili condizioni del braccio della morte costituiscono un trattamento crudele e inusuale.

- In Giappone il tasso di omicidi è 0,83 per 100 mila abitanti . Altre fonti dicono 0,6 . Negli Stati Uniti è 4,8:  6 volte di più . Negli Stati Uniti ci sono circa 3.200 persone nel braccio della morte . 7.000 in Pakistan: una moratoria sulle esecuzioni era stata proclamata, ma oggi è stata interrotta e sono riprese le esecuzioni per reati di terrorismo. In Giappone ci sono 132 persone nel braccio della morte.

- Ogni anno circa 1.100 persone vengono uccise violentemente in Giappone: uno dei tassi più bassi al mondo . Ma non vi è alcuna relazione tra il numero di persone nel braccio della morte o giustiziato e il numero di persone che vengono uccise intenzionalmente.

-L'esistenza della pena di morte in Giappone, come in altri paesi del mondo, non ha nulla a che fare con il tasso di criminalità e di sicurezza. Nemmeno con la giustizia accordata alle famiglie delle vittime.

- I documenti – divulgati dal Ministero della Giustizia - dimostrano una mancanza di motivazioni nella decisione e non identificano in che modo vengano selezionati i detenuti per l'esecuzione.

- I documenti rivelano che la proposta, la valutazione, l’approvazione, e l'ordine di esecuzione sono tutti completati nello stesso giorno, e che l'esecuzione avviene dai due ai quattro giorni dopo, secondo Advocates for Human Rights.
- I pubblici ministeri hanno un ampio potere discrezionale per determinare se e quando il difensore possa essere presente durante gli interrogatori del detenuto.

- I pubblici ministeri possono chiedere la pena di morte in appello. Ben 15 detenuti originariamente condannati al carcere a vita hanno avuto le loro sentenze trasformate in condanne a morte . La Corte Suprema giapponese ha confermato quelle sentenze. Mentre in molti paesi democratici, gli appelli sono un diritto del condannato e nessuna sentenza può essere più dura di quella comminata nel processo principale.

- Per questo penso che sia interesse dei giapponesi e della sua classe dirigente, tutta, a che vi sia:
- 1) trasparenza in tutte le fasi processuali: monitoraggio e registrazione di tutte le fasi, anche degli interrogatori;
- 2) la sospensione delle esecuzioni mentre ricorsi e richieste di revisioni sono attive;
- 3) la fine del regime di isolamento come pratica ordinaria;
- 4) Consentire l’accesso di parlamentari, ONG e media ai bracci della morte, come avviene negli Stati Uniti e in altri paesi;
- 5) La messa in atto di una moratoria delle esecuzioni avviando una Commissione indipendente e qualificata di revisione e studio della pratica della pena di morte in Giappone, con adeguata informazione dell’opinione pubblica;

Sono tutti passi praticabili. Il 2020 può essere l'anno di un ingresso definitivo del Giappone nel mondo in cui la pena di morte esce dalla società ed entra nei musei, perché capace di tornare alla profondità della propria tradizione e delle proprie radici, dove ogni forma di vita è amata e protetta, anche quella di chi può avere sbagliato.