Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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mercoledì 16 settembre 2015

Ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese








Presidente,

come relatore, ovviamente, ho già espresso nell'introduzione di questo provvedimento la sua importanza e quindi, nel dibattito iniziale già nella relazione introduttiva*, c’è la risposta alle preoccupazioni anche del collega Pini, dove è chiaro che tutto il lavoro che è stato fatto è un lavoro che ha un forte freno – quindi non c’è estradizione – né in tutti i casi in cui possano esserci reati di opinione e di altro tipo, o addirittura reati perseguibili con la pena capitale. A nome del Gruppo Per l’Italia – Centro Democratico, dico con soddisfazione che portiamo a termine un lavoro che da cinque anni attendeva un’approvazione, che comporta preoccupazioni e dubbi in alcuni ogni volta si tratti di ratifiche e relazioni tra Stati con sistemi politici diversi.
Ovviamente, prassi e visioni sulle libertà religiose o le libertà civili o di espressione o di commercio o di circolazione di persone - diversi sistemi di pesi e contrappesi - distinguono le società italiana e cinese. Ma, proprio attraverso la ratifica di atti come questo si fanno passi avanti e cresce quella contaminazione positiva in cui dalla diffidenza si passa alla conoscenza, alla simpatia tra i popoli tra le persone concrete, e quindi diventano alla fine più possibili pace e maggiore dignità ed equità nelle diverse società.
Quindi, io credo che dobbiamo essere estremamente soddisfatti del fatto che questa ratifica favorisce una collaborazione giudiziaria tra i nostri paesi, e l’estradizione in casi in cui è necessario. Conosciamo l’enorme sforzo della Cina per far uscire dalla povertà e dal bisogno assoluto centinaia di milioni di persone, come pure la complessità di quel territorio enorme con lingue diverse, ma sappiamo che abbiamo tutte le garanzie per tutelare i nostri cittadini e i cittadini cinesi in casi in cui la loro vita vada tutelata.
In questo modo, con questa ratifica, concludo: saremo anche - io credo - più ascoltati e rispettati ogni volta che potremo suggerire modi e vie per una maggiore libertà di movimento, di religione e di espressione anche in questo paese amico e così importante per il mondo.

Grazie

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Illustre Presidente, colleghi deputati e illustre rappresentante del Governo,

desidero innanzitutto ringraziare la Commissione affari esteri per la mia designazione ad rem ai fini dell'esame del provvedimento relativo al trattato Italia-Cina in materia di estradizione, che ho seguito fin dall'inizio come relatore, avvenuta in considerazione di una mia specifica attenzione ai rapporti tra l'Italia e Pechino, anche in un'ottica di una sempre maggiore valorizzazione della Cina quale attore internazionale responsabile.
I recenti eventi – e mi riferisco sia alle inquietanti deflagrazioni che hanno colpito l'importante città portuale del nord-est della Cina, Tianjin, causando un gran numero di vittime e di feriti, sia ai crolli della borsa di Shangai, ma anche ai negoziati in corso presso il Consiglio di sicurezza dell'ONU rispetto alle maggiori crisi internazionali in atto e alle grandi crisi mondiali che attraversano, dal Mediterraneo all'Africa e all'Asia, il nostro pianeta e che richiedono una collaborazione tra tutti i maggiori attori internazionali per soluzioni politiche che permettano il ristabilire pace e sicurezza in gran parte del pianeta - evidenziano la conclamata rilevanza globale delle tematiche interne alla Cina e l'esigenza di un rafforzamento del dialogo bilaterale, anche al di là della pur essenziale cooperazione economica.
Ciò premesso, il Trattato al nostro esame è finalizzato a migliorare ed ottimizzare, nel settore giudiziario penale, l'azione di contrasto dei fenomeni criminali perseguita in collaborazione con i Paesi esterni all'area dell'Unione europea.
Ricordo che questa intesa è stata firmata a Roma il 7 ottobre 2010, contestualmente ad un altro Trattato bilaterale con la Repubblica popolare cinese, quello in materia di reciproca assistenza giudiziaria penale, la cui ratifica è stata autorizzata dalla legge n. 64 del 29 aprile 2015.
Il Trattato, che consta di 21 articoli, esordisce con l'impegno reciproco delle parti a consegnarsi persone ricercate, per dare corso ad un procedimento penale o per consentire l'esecuzione di una condanna. L'estradizione è concessa, nel rispetto del principio della doppia incriminazione, per i reati punibili con pene restrittive della libertà personale di almeno un anno, oppure, nel caso di richieste funzionali all'esecuzione di una condanna, quando la pena ancora da scontare non sia inferiore a sei mesi. Un temperamento del richiamato principio della doppia incriminazione è previsto per i reati di natura doganale, fiscale o finanziaria, per i quali si procede all'estradizione anche se la parte richiesta non preveda la medesima configurazione penale di tali fattispecie.
Il Trattato disciplina altresì i casi, obbligatori e facoltativi, in cui una delle due parti debba o possa negare l'estradizione, includendo, fra gli altri, i casi di reati politici (ad esclusione di quelli per terrorismo), quelli militari, in caso di concessione di asilo politico o ancora quando vi sia il fondato motivo di ritenere che la medesima persona possa essere punita per motivi di discriminazione. Penso siano restrizioni assolutamente indispensabili e da sottolineare.
Mi preme sottolineare che si esclude l'estradizione nei casi in cui vi sia il fondato motivo di ritenere che la persona richiesta possa patire, in relazione allo specifico reato, torture o altri trattamenti degradanti e inumani o, ancora, nei casi in cui l'estradizione stessa potrebbe condurre all'esecuzione di pene vietate nell'ordinamento della parte richiesta, come, ad esempio, per l'ordinamento italiano la pena capitale. Anche personalmente, anche per la mia biografia personale, come cofondatore della Coalizione mondiale contro la pena di morte, mi preme di segnalare a quest'Aula che su questo punto noi siamo stati molto chiari. È pertanto evidente, infatti, che, ove l'autorità italiana accertasse che la richiesta di estradizione è viziata da ragioni che nulla hanno a che fare con il procedimento penale, ma che invece rientrano in atteggiamenti persecutori in evidente violazione dei diritti umani, l'estradizione sarebbe negata.
Ricordo come l'Italia ha aderito a trattati come quello con gli Stati Uniti d'America, che prevedono la possibilità di concedere l'estradizione anche per reati punibili con la pena di morte, purché lo Stato richiedente offra garanzie della non applicazione o esecuzione della pena capitale. Ma la Corte costituzionale, con il cosiddetto «caso Pietro Venezia», ha correttamente riaffermato il carattere assoluto del divieto costituzionale di pena di morte, dichiarando l'incostituzionalità dell'articolo 698 del codice di procedura penale e della legge di esecuzione del Trattato con gli Stati Uniti.
Il Trattato disciplina anche il possibile rifiuto dell'estradizione dei suoi cittadini e individua le autorità di ciascun Paese preposte alla trasmissione delle richieste ed esplicita le modalità e i documenti necessari per formulare tali richieste.
In sintesi, concludo ricordando che in Commissione affari esteri è emersa la condivisione tra i gruppi di maggioranza e di opposizione sui temi del rispetto dei diritti umani e sull'esigenza che, da parte del Governo italiano, vi sia una linea di estremo rigore nel presidio dei profili attuativi ed interpretativi di un Trattato il cui testo ha comunque superato positivamente il vaglio delle competenti Commissioni affari costituzionali e giustizia.
Da parte del MoVimento 5 Stelle è stato posto il tema dell'assenza dall'ordinamento cinese del reato di associazione mafiosa, come pure della necessità di guardare allo stato delle carceri cinesi come a una possibile causa di rifiuto all'estradizione, ma ricordo che il MoVimento 5 Stelle ha poi approvato la relazione proposta alla Commissione.

Concludo chiedendo assolutamente un iter rapido per l'approvazione di questo provvedimento.