Intervento
dell’on.Mario Marazziti (Gruppo PI-CD) in dichiarazione di voto alla Terza
votazione di fiducia sulla legge elettorale. 30 aprile 2015.
Signor Presidente, Rappresentanti del governo, Onorevoli
Colleghi.
Siamo alla conclusione di un percorso importante di riforma.
Questa legislatura è nata con questo dovere, per l’impotenza della precedente
legislatura di riformare il “Porcellum”. Stiamo andando verso “più
Costituzione” e non verso meno “Costituzione”, anche se si può condividere in
tutto o solo in parte il testo uscito da due letture attente di camera e senato
e che ci apprestiamo ad approvare con il voto di Fiducia. Perché resti nella
nostra memoria quello che abbiamo ascoltato in quest’aula e perché le parole
tornino a significare quello che significano e non il contrario, per ridare credibilità a questo Parlamento,
provo a riassumere.
E’ stato gridato dalle opposizioni al “colpo di stato” e al
ritorno del “fascismo” (l’amico deputato Brunetta per Forza Italia). Un giorno
di lutto (gli amici e compagni di SEL), “giorno cupo, l’Italicum peggio del
Porcellum, Salvini e la Lega), minacce di discesa in piazza e iniziative
extraparlamentari perché il Parlamento
sarebbe stato espropriato, 5 Stelle, minacce di mobilitazione di piazza anche
tanti ma anche colleghi che stimo, della cosiddetta “sinistra PD”; opposizione
dura della destra e estrema destra, Fratelli d’Italia, che non si capisce
perché sono contro un testo che contiene elementi di rafforzamento dell’esecutivo,
una direzione di marca presidenzialista che è nel DNA di quella forza o
debolezza politica. E’ stata l’eterogenesi delle parole. Tradotto: se uno dice
“vergogna” forse sta dicendo il contrario.
Se uno dice “traditori” forse sta rinnegando una cosa che ha detto e
fatto.
Perché gli italiani ricordino, rileggendo le cronache, il
testo che andiamo ad approvare è lo stesso approvato in senato, senza
modifiche. Le modifiche, concordate tra le forze politiche, fatte al Senato,
hanno raccolto diverse proposte della “sinistra PD”, del Centrodestra, di tutte
le forze politiche e, in molti punti, è stata migliorata. Innalzamento della
soglia per il premio di governabilità dal 37 al 40 per cento con eventuale
ballottaggio; abbassamento della soglia per essere eletti al 3 per cento, un
diritto di tribuna o di rappresentanza; introduzione parziale delle preferenze,
in particolare quelle di genere. E si potrebbe discutere dei vari aspetti di
questo cambiamento.
Nelle mediazioni tra forze politiche si sarebbe potuto
scegliere, invece dell’abbassamento della soglia al 3 per cento, il premio di
maggioranza alla coalizione, anziché alla lista. Era la nostra indicazione,
come Gruppo Per l’Italia-Centro Democratico. Si è preferita un’altra strada.
Noi avevamo avanzato una linea di lavoro che assegnasse su base fortemente
proporzionale l’80 per cento dei seggi, con garanzia di rappresentanza per il
pluralismo del Paese, e 100 seggi da assegnare al secondo turno sulla base di
una lista nazionale tra i due contendenti più forti capaci di alleanze di
programma e di governo chiare. Più rappresentanza e più governabilità.
Si è arrivati a un’altra soluzione. Una soluzione che è
stata votata con entusiasmo da Forza Italia al Senato. E ora quello stesso
testo è chiamato fascismo. Poveri elettori di Forza Italia! Che affidabilità?
E che dire dello sdegno di 5stelle, che teorizzano la
scomparsa del Parlamento e la democrazia diretta dei “meet up”, che quasi si
incatenano contro la richiesta della fiducia posta dal governo, ovviamente
legittima – sulla opportunità ognuno ha le sue opinioni.
L’Italicum è nel solco della Costituzione e della centralità
del Parlamento, anche se rafforza il potere esecutivo, perché negli anni il
sistema è apparso farraginoso e bloccato. Non bisogna farsi ingannare
dall’illusione di una democrazia diretta che, nel formato 5 stelle è democrazia
in pdf, in layout di sola lettura. Dove tanti hanno l’illusione della
trasparenza e di contare e nessuno può intervenire per modificare il testo e i
processi, solo i padroni delle password e dei click. La democrazia
plebiscitaria non è democrazia, è il “travesti” della democrazia. Lo spiegava
già Alexis de Tocqueville. Abbiamo bisogno di pesi e contrappesi. Possiamo
lavorare a migliorare la riforma costituzionale del Senato in tal senso. C’è il
referendum confermativo su cui si esprimeranno gli italiani.
C’è la questione della fiducia posta dal Presidente del
Consiglio. Aldo Moro, il 18 gennaio 1953 ricordava, all’approvazione della
legge elettorale allora in discussione, che “la richiesta di fiducia da parte
del Governo comporta la preminenza dell’aspetto politico sull’aspetto
tecnico-legislativo del provvedimento”, ma anche che la Camera non dimentica
nel voto di fiducia la sua competenza tecnico-legislativa. Nel nostro caso due letture approfondite
hanno ampiamente esaurito il dibattito tecnico-legislativo. Per questo noi
votiamo si alla fiducia, perché riteniamo sia un passaggio importante con una
riforma importante.
Qui stiamo per approvare finalmente una legge elettorale che
chiude una stagione buia e di chiara incostituzionalità, quella del
“Porcellum”. Approvato in due mesi, di corsa, prima delle elezioni del 2005,
unilateralmente. Definito “una porcata” dal fine creatore del testo, il
senatore Calderoli. E contro il quale scempio costituzionale e politico nessuno
scese in piazza.
Per questo ritengo, con amicizia, sia un errore politico e
di merito oggi, per stimati esponenti oggi assenti e che non stanno
partecipando al voto di fiducia, alcuni dei quali amici personali del Partito
Democratico, non essere qui. Se le questioni sono centrali per il Paese occorre
esserci.
Sarebbe invece, come diceva Dossetti, il tempo del
“patriottismo della Costituzione”: “Nel patriottismo della Costituzione –
diceva - non trovano posto né il conflitto né la negoziazione tra parti
politiche. Quella divisione tra i cittadini, sciaguratamente e costantemente
rinfocolata nel dibattito partitico e malignamente enfatizzata dai media, è il
segno della fragilità della nostra democrazia”. Dossetti, si sa, era contro il
“presidenzialismo, eppure si rifiutò di
votare alla Costituente per fissare nel sistema proporzionale l’unica forma
elettorale di questo Paese. Era contro
il presidenzialismo “malamente, quello
dell’elezione diretta del monarca assoluto che i referendum Segni e Guzzetta
avrebbero prodotto. Portando a
compimento un percorso presidenzialista e di efficienza” della governabilità a
tutti i livelli del nostro paese. Come ha ricordato il collega Tabacci erano
referendum che portavano anche la firma di Rosy – qualunque ne fosse la ragione
– Cuperlo, la signora Prestigiacomo, Brunetta. E è il Partito democratico che
nel 2000 inizia la personalizzazione in chiave presidenzialista della scheda
elettorale mettendo il nome del candidato premier, imbarazzando l’allora
presidente Ciampi.
Dossetti, in un tempo in cui un presidenzialismo e un
federalismo centralista abborracciati mettevano a rischio, secondo lui,
Costituzione era tornato dal deserto, come aveva fatto il monaco San Saba.
L’anacoreta del deserto palestinese che per il suo popolo era andato a parlare
due volte con l’imperatore, a Bisanzio.
Se l’ha fatto Dossetti e se lo fece il monaco san Saba oggi avremmo bisogno in
quest’aula di chi non è venuto.
La storia degli italiani è stata un perpetuo conflitto tra
guelfi e ghibellini, reazionari e rivoluzionari, conservatori e innovatori,
borbonici e sabaudi, governativi e sovversivi, fascisti e antifascisti,
comunisti e anticomunisti, laicisti e clericali. Se la democrazia è colloquio
tra i cittadini, se i cittadini non devono dividersi in eserciti permanenti
pronti a scontrarsi, ma essere giudici sereni dei governanti e degli aspiranti
governanti, nelle persone, nelle realizzazioni e programmi, ebbene la via è
quella indicata da Dossetti, di una Costituzione che sia obbedita come legge
superiore, sottratta sia al conflitto sia alla contrattazione tra le parti.
Non bastò il Mattarellum a garantire al Partito Popolare la
vittoria alle elezioni del 1993. L’Italia e la politica hanno il loro modo di
costruire i contrappesi. E occorre interpretare in profondità i bisogni di
cambiamento e di giustizia sociale e di rinascita del Paese. E’ qui che noi
votiamo la fiducia, senza essere mai stati fautori del presidenzialismo, senza
mai avere partecipato con entusiasmo al percorso “presidenzialista” che ha
visto l’elezione diretta dei sindaci, poi dei presidenti delle regioni
diventati addirittura governatori: un processo non estraneo alla crescita del
debito pubblico e la peso burocratico e di duplicazioni e di clientele che
hanno umiliato il Paese e i più deboli. Ci eravamo astenuti in prima lettura.
Apprezziamo i miglioramenti.
Non ci stracciamo le vesti per l’assenza globale delle
preferenze. Non è una battaglia di “sinistra”, curioso che oggi lo sia per
tanti colleghi della sinistra. Le preferenze, nell’attuale sistema, non sono
estranee sia alle deviazioni dello strumento delle primarie, che ai costi della
politica, agli indebitamenti e agli scambi politici, alla corruzione, ai capi-bastone,
alle cordate, alla politica solo per i ricchi. O per i signori dei “click
internettiani e dei social media”.
Interpretare al meglio l’Italicum sarà la sfida davanti a
noi. Per una maggioranza stabile e omogenea occorrerà entrare e cambiare la
stessa forma-partito dei partiti vecchi e
nuovi, e farne luoghi di democrazia e di visioni ricche, plurali, leali.
Corpi intermedi, visioni, chi è ai margini preso sul serio e non illuso.
Soprattutto dei partiti più grandi. E siamo disponibili su questo percorso. Noi
crediamo a una Democrazia Solidale.
L’Italia e la
politica sono più forti degli artifici elettorali. Se l’Italia è resistita al
Porcellum, potremo solo stare meglio.