Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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venerdì 27 febbraio 2015

Politica estera dibattito in aula 27.02.2015



Mario Marazziti (Democrazia Solidale, Gruppo PI-CD) 

Politica Estera – Dibattito in Aula – Camera dei Deputati
Perché la politica estera è oggi centrale, ancora più di ieri, per la vita interna e le scelte dell’Italia, il futuro dell’Europa e del nostro pianeta.
E’ tempo di piccole e grandi guerre, di antiche ferite mai rimarginate, di cambiamento e destabilizzazione. C'è' chi vorrebbe cambiare i confini del mondo.
Irak, Libia, Siria.


C’è un vuoto a Est e in Medio Oriente, nel Corno e nel Nord Africa, dovuto anche a un cambio di strategia dei nostri grandi alleati, gli Stati Uniti.
Siamo dentro una grande transizione geo-politica e questo vuoto è a disposizione di gruppi terroristi, predicatori dell’orrore e della rivincita dall’umiliazione occidentale, degli strateghi del Califfato e della “paura nera”, venduta mediaticamente per moltiplicare paura, attrarre masse musulmane con un messaggio perverso ma semplice: facciamogli paura e provochiamo reazioni istintive in casa nostra, fino ad attrarre scombinati e avventurieri, insoddisfatti e ed europei affascinati dalla “rivoluzione assoluta”, i foreign fighters, o promettendo riscatto a nuovi europei e abitanti di periferie marginalizzate e umiliate, che chiedono dignità, e che non possiamo lasciare a se stesse.
Per questo oggi le scelte giuste in politica estera passano per la risposta alla domanda su chi siamo, che cosa è l’Europa, che vogliamo.
Il Mediterraneo è più stretto, e l’Europa necessita di una strategia a sud che inglobi l’Africa: l’Europa può affrontare e aiutare a risolvere anche crisi limitate.
Eurasia: La politica ad est non solo affari o sanzioni verso la Russia. Una politica a riguardo della Russia è decisiva, in termini positivi – anche senza debolezze come negli accordi di Minsk – per aiutare a sciogliere il nodo ucraino, per prevenire i nodi di Georgia e Moldavia: integrità territoriale e autonomie.
Per questo politica estera è essere forti, non muscolari.  resistere alle tentazioni automatiche, quelle che Daesh/ISIS vorrebbe quando lancia i suoi video e i suoi messaggi deliranti, per fare credere che dobbiamo, sempre, avere paura.  E chi pensa che un intervento armato in Libia o altre aree sia la soluzione, sappia, signor ministro – ma lei lo sa – che è un modo di regalare masse di combattenti e di civili che sono lontanissimi dalla visione Daesh/ISIS, ma che all’essere invasi preferiscono mettersi in franchising sotto le bandiere nere.
In questo quadro dobbiamo evitare che scoppino altri focolai:
Dobbiamo sostenere il Libano, che ha sul suo territorio un terzo della popolazione di profughi siriani e palestinesi e irakeni: come se in Italia fossero arrivati 20 milioni di profughi negli ultimi 4 anni. Sostenere la riapertura di un processo negoziale, senza colpi di mano, per aiutare le classi dirigenti palestinesi e israeliane a scegliere per la pace definitiva, invece della “non guerra” permanente, è il modo di disinnescare l’accumulo di torti e ragioni, sofferenze e rancori, che ammalano ormai tre generazioni.
In un mondo multipolare, l’Europa ha il vantaggio di essere una costruzione “dialogica”: la nostra debolezza. La nostra forza. Occorre di volta in volta costruire “coalizioni ad hoc” per risolvere le crisi in atto. Può farlo solo l’Europa e l’Italia può promuovere questa scelta strategica.
Infine, Libia e crisi africane. Libia per prima. l’Italia , in Italia, c'è un software di dialogo interreligioso e una capacità politica che può permettere di riprendere il controllo del territorio e un’autorità statuale capace di mettere insieme le componenti oggi in lotta in un paese frammentato.
Per questo è giusta la presa di responsabilità italiana dello sforzo internazionale, che è uso della forza politica dell’Italia. Crediamo che l'autorevolezza internazionale di Romano Prodi come Rappresentante per la Crisi libica sia una risorsa da utilizzare.
E Africa. Grande sud, non solo spazio di business e ricerca di materie prime. Futuro grande granaio globale. A partire da Sahel e Africa occidentale, così vicina anche per le implicazioni di migrazioni, terrorismo, traffici illeciti, l’Italia può riempire positivamente un vuoto. Non esistono “african solutions for african problems”, ma solo soluzioni politiche globali attuate in amicizia e partnership con i popoli africani. Contribuire a risolvere le crisi africane a nostra portata, Eritrea-Etiopia, Somalia, Sudan, RCA, RDC: la politica estera italiana può dare un contributo decisivo su scala mondiale.
C'e' un'ultima , centrale direzione della politica estera italiana. Per questo abbiamo presentato con i colleghi del Partito Democratico e del gruppo Misto una Risoluzione che pone al centro la necessità della ripresa e del l'accelerazione dei negoziati per una pace definitiva nel conflitto israelo-palestinese, perché il percorso di riconoscimento dello stato palestinese possa essere parte di un lavoro per fare cadere ogni minaccia alla sicurezza dello Stato d'Israele e della vita dei cittadini palestinesi e israeliani che vivono su quella terra straordinaria, troppo desiderata e amata,. Per questo voteremo, come Democrazia Solidale e gruppo Per l'Italia Centro Democratico, anche la mozione che irta la prima firma del presidente della Commissione esteri Cicchitto. Occorre fare di tutto anche perché la leadership palestinese trovi una unità tra tutte  le componenti, Fatah, Hamas, le generazioni cresciute nella guerra che vogliono la pace, e che venga cancellata ogni negazione all'esistenza dell'altro.
Dobbiamo passare dalla non-guerra alla pace. E' una lunga storia di sofferenze, vittime, di ragioni di tutte e due le parti, di torti, terribili. E' una lunga storia di occasioni perdute. Occorre una leadership che sa sognare, volere, sacrificarsi per la pace. Ma e' difficile con libertà limitata e sotto minaccia terroristica. Non c' e' vicenda nel conflitto israelo-palestinese che non possa avere due spiegazioni. Entrambe plausibili. C'è' chi dice: Israele ha rinunciato ai territori unilateralmente, Gaza e' lì a dimostrarlo. I palestinesi hanno lasciato che Hamas e la violenza prendesse il sopravvento e, con Hamas, la follia di voler cancellare lo stato di Israele. E c'è' chi dice: il ritiro unilaterale di Israele ha permesso di spezzare l'unità palestinese e ha allontanato la pace, permettendo ad Hamas di rafforzarsi.
Non possiamo lasciare soli i nostri amici e fratelli palestinesi e israeliani, anche per il debito morale che abbiamo con ogni ebreo per lo sterminio europeo e per il riemergere ignorante e violento del l'antisemitismo.
Per questo lavoreremo perché due stati amici siano possibili dove non si sa immaginare la pace. Sappiano i palestinesi che soffrono di mancanza di acqua o di lavoro che la violenza e' il loro più grande nemico, e il grande governo e popolo di Israele che la felicità del popolo palestinese e' la propria. Occorre immaginare la pace.
Comincerà quando le ragioni dell'avversario diventano le proprie. Chi e' più forte ha più responsabilità , ha la responsabilità di farlo un secondo dopo il riconoscimento da parte di tutti i palestinesi dello Stato di Israele e del diritto a vivere in sicurezza. Noi lavoreremo per questo.