Mario
Marazziti (Democrazia Solidale, Gruppo PI-CD)
Politica Estera – Dibattito in Aula – Camera dei Deputati
Politica Estera – Dibattito in Aula – Camera dei Deputati
Perché la politica estera è oggi centrale, ancora più di ieri, per la
vita interna e le scelte dell’Italia, il futuro dell’Europa e del nostro
pianeta.
E’ tempo di piccole e grandi guerre, di antiche ferite mai rimarginate, di
cambiamento e destabilizzazione. C'è' chi vorrebbe cambiare i confini del
mondo.
C’è un vuoto a Est e in Medio Oriente, nel Corno e nel Nord Africa, dovuto
anche a un cambio di strategia dei nostri grandi alleati, gli Stati Uniti.
Siamo dentro una grande transizione geo-politica e questo vuoto è a
disposizione di gruppi terroristi, predicatori dell’orrore e della rivincita
dall’umiliazione occidentale, degli strateghi del Califfato e della “paura
nera”, venduta mediaticamente per moltiplicare paura, attrarre masse musulmane
con un messaggio perverso ma semplice: facciamogli paura e provochiamo reazioni
istintive in casa nostra, fino ad attrarre scombinati e avventurieri,
insoddisfatti e ed europei affascinati dalla “rivoluzione assoluta”, i foreign
fighters, o promettendo riscatto a nuovi europei e abitanti di periferie
marginalizzate e umiliate, che chiedono dignità, e che non possiamo lasciare a
se stesse.
Per questo oggi le scelte giuste in politica estera passano per la risposta
alla domanda su chi siamo, che cosa è l’Europa, che vogliamo.
Il Mediterraneo è più stretto, e l’Europa necessita di una strategia a sud che
inglobi l’Africa: l’Europa può affrontare e aiutare a risolvere anche crisi
limitate.
Eurasia: La politica ad est non solo affari o sanzioni verso la Russia. Una
politica a riguardo della Russia è decisiva, in termini positivi – anche senza
debolezze come negli accordi di Minsk – per aiutare a sciogliere il nodo
ucraino, per prevenire i nodi di Georgia e Moldavia: integrità territoriale e
autonomie.
Per questo politica estera è essere forti, non muscolari. resistere alle
tentazioni automatiche, quelle che Daesh/ISIS vorrebbe quando lancia i suoi
video e i suoi messaggi deliranti, per fare credere che dobbiamo, sempre, avere
paura. E chi pensa che un intervento armato in Libia o altre aree sia la
soluzione, sappia, signor ministro – ma lei lo sa – che è un modo di regalare
masse di combattenti e di civili che sono lontanissimi dalla visione
Daesh/ISIS, ma che all’essere invasi preferiscono mettersi in franchising sotto
le bandiere nere.
In questo quadro dobbiamo evitare che scoppino altri focolai:
Dobbiamo sostenere il Libano, che ha sul suo territorio un terzo della
popolazione di profughi siriani e palestinesi e irakeni: come se in Italia fossero
arrivati 20 milioni di profughi negli ultimi 4 anni. Sostenere la riapertura di
un processo negoziale, senza colpi di mano, per aiutare le classi dirigenti
palestinesi e israeliane a scegliere per la pace definitiva, invece della “non
guerra” permanente, è il modo di disinnescare l’accumulo di torti e ragioni,
sofferenze e rancori, che ammalano ormai tre generazioni.
In un mondo multipolare, l’Europa ha il vantaggio di essere una costruzione
“dialogica”: la nostra debolezza. La nostra forza. Occorre di volta in volta
costruire “coalizioni ad hoc” per risolvere le crisi in atto. Può farlo solo
l’Europa e l’Italia può promuovere questa scelta strategica.
Infine, Libia e crisi africane. Libia per prima. l’Italia , in Italia, c'è un
software di dialogo interreligioso e una capacità politica che può permettere
di riprendere il controllo del territorio e un’autorità statuale capace di
mettere insieme le componenti oggi in lotta in un paese frammentato.
Per questo è giusta la presa di responsabilità italiana dello sforzo
internazionale, che è uso della forza politica dell’Italia. Crediamo che
l'autorevolezza internazionale di Romano Prodi come Rappresentante per la Crisi
libica sia una risorsa da utilizzare.
E Africa. Grande sud, non solo spazio di business e ricerca di materie prime.
Futuro grande granaio globale. A partire da Sahel e Africa occidentale, così
vicina anche per le implicazioni di migrazioni, terrorismo, traffici illeciti,
l’Italia può riempire positivamente un vuoto. Non esistono “african solutions
for african problems”, ma solo soluzioni politiche globali attuate in amicizia
e partnership con i popoli africani. Contribuire a risolvere le crisi africane
a nostra portata, Eritrea-Etiopia, Somalia, Sudan, RCA, RDC: la politica estera
italiana può dare un contributo decisivo su scala mondiale.
C'e' un'ultima , centrale direzione della politica estera italiana. Per questo
abbiamo presentato con i colleghi del Partito Democratico e del gruppo Misto
una Risoluzione che pone al centro la necessità della ripresa e del
l'accelerazione dei negoziati per una pace definitiva nel conflitto
israelo-palestinese, perché il percorso di riconoscimento dello stato
palestinese possa essere parte di un lavoro per fare cadere ogni minaccia alla
sicurezza dello Stato d'Israele e della vita dei cittadini palestinesi e
israeliani che vivono su quella terra straordinaria, troppo desiderata e
amata,. Per questo voteremo, come Democrazia Solidale e gruppo Per l'Italia
Centro Democratico, anche la mozione che irta la prima firma del presidente
della Commissione esteri Cicchitto. Occorre fare di tutto anche perché la
leadership palestinese trovi una unità tra tutte le componenti, Fatah,
Hamas, le generazioni cresciute nella guerra che vogliono la pace, e che venga
cancellata ogni negazione all'esistenza dell'altro.
Dobbiamo passare dalla non-guerra alla pace. E' una lunga storia di sofferenze,
vittime, di ragioni di tutte e due le parti, di torti, terribili. E' una lunga
storia di occasioni perdute. Occorre una leadership che sa sognare, volere,
sacrificarsi per la pace. Ma e' difficile con libertà limitata e sotto minaccia
terroristica. Non c' e' vicenda nel conflitto israelo-palestinese che non possa
avere due spiegazioni. Entrambe plausibili. C'è' chi dice: Israele ha rinunciato
ai territori unilateralmente, Gaza e' lì a dimostrarlo. I palestinesi hanno
lasciato che Hamas e la violenza prendesse il sopravvento e, con Hamas, la
follia di voler cancellare lo stato di Israele. E c'è' chi dice: il ritiro
unilaterale di Israele ha permesso di spezzare l'unità palestinese e ha
allontanato la pace, permettendo ad Hamas di rafforzarsi.
Non possiamo lasciare soli i nostri amici e fratelli palestinesi e israeliani,
anche per il debito morale che abbiamo con ogni ebreo per lo sterminio europeo
e per il riemergere ignorante e violento del l'antisemitismo.
Per questo lavoreremo perché due stati amici siano possibili dove non si sa
immaginare la pace. Sappiano i palestinesi che soffrono di mancanza di acqua o
di lavoro che la violenza e' il loro più grande nemico, e il grande governo e
popolo di Israele che la felicità del popolo palestinese e' la propria. Occorre
immaginare la pace.
Comincerà quando le ragioni dell'avversario diventano le proprie. Chi e' più
forte ha più responsabilità , ha la responsabilità di farlo un secondo dopo il
riconoscimento da parte di tutti i palestinesi dello Stato di Israele e del
diritto a vivere in sicurezza. Noi lavoreremo per questo.