Mario Marazziti - Pagina Ufficiale

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venerdì 18 luglio 2014

On. Mario Marazziti - dichiarazione finale di voto su legge cooperazione allo sviluppo



Mario Marazziti – Gruppo Per l’Italia - 17 luglio 2014




Signor Presidente, Signor Viceministro, Colleghi Deputati.



Ci sono leggi che segnano un cambiamento culturale. E’ il caso della legge che stiamo approvando oggi e che abbiamo con convinzione lavorato a migliorare nel testo, nella volontà di condurla a maturazione, e, oggi voteremo favorevolmente come Gruppo per l’Italia.


Il nostro gruppo raccoglie, anche nei percorsi e nelle biografie di chi lo compone, una parte significativa del lavoro internazionale, dell’elaborazione culturale e tecnica, delle motivazioni, del lavoro di ascolto delle società civili, quella italiana e quelle nel sud del mondo, che hanno portato a questa riforma della cooperazione internazionale come parte integrante e qualificante della politica estera italiana. E, per questo, come parte della stessa identità del nostro paese, all’interno dell’UE, nel mondo. Dice chi siamo nel mondo e chi vogliamo essere.
Se è vero che i popoli e i paesi hanno un significato non solo nella ripetizione di sé e nell’auto-soddisfazione, pena l’invecchiamento e un declino inevitabile, è ancora più vero, forse per l’Italia e per l’Unione Europea, che si cresce davvero solo dentro una visione. Si cresce e non si invecchia, come società, quando si sa resistere alla tentazione di essere ripiegati su di sé, specialmente in un tempo di grande incertezza e fragilità mondiale, come il nostro. Questa legge indica una via di estroversione dell’Italia, un cambiamento.
Sono passati 27 anni dalla normativa della legge 49/1987.
Era un quarto di secolo dopo la decolonizzazione, era un grande passo avanti: non c’erano più solo le relazioni economico-commerciali, ma si concepiva la cooperazione allo sviluppo come una chiave di aiuto e partenariato, portatrice di una dignità propria.
Eravamo prima della caduta del Muro di Berlino, agli inizi della fase attuale di globalizzazione, in una situazione geo-politica molto diversa da quella attuale. Non c’erano verso l’Italia e l’Europa i grandi flussi migratori di oggi; non c’erano ancora le guerre locali e regionali che hanno punteggiato i decenni succeduti alla fine della divisione del mondo in due blocchi; maturava la pandemia dell’AIDS ma il mondo era concentrato da poco, con stupore, sulla scoperta di questa debolezza letale che sembrava colpire solo gruppi particolari di cittadini del Nord benestante del Mondo.
In questi 27 anni siamo passati dai grandi progetti di cooperazione allo sviluppo alla caduta degli investimenti, all’afro-pessimismo, alla tentazione di exit strategy da molte aree del mondo, dove intervenire è sembrato “troppo a lungo e troppo complicato”. Anni in cui, dietro agli slogan corretti, come “l’Africa agli africani”, reazione al paternalismo e alle conseguenze negative del colonialismo, si è giocato, spesso, un accordo tra classi dirigenti, europee e africane, per crearsi meno problemi, di fronte a società civili assetate e affamate di crescita, sviluppo, acqua, cure, istruzione, lavoro, dignità, vita.
E’ per questo che la legge che oggi approviamo segna un passaggio di mentalità, è un cambiamento culturale, di civiltà.
Sancisce il principio che nessun popolo vive solo per sé stesso. Che nessun popolo e nazione è e deve essere solo. Che siamo interdipendenti. Ma anche il principio che in una corretta visione di cooperazione e partenariato per lo sviluppo c’è un’immensa possibilità di crescita per tutti. C’è la convinzione che non è inevitabile quello che si è accentuato con una ideologia liberista e finanziaria nell’ultimo quarto di secolo: e cioè che il business puro debba mai avere valenza anche sociale, che la solidarietà internazionale sia contro la libertà dei mercati e irrazionale, che si debba per forza allargare il gap tra chi ha di più e chi vive peggio.
E’ una scelta di civiltà ma anche di chi siamo e di chi vogliamo essere. E’ una scelta politica, per l’Italia e per l’Europa. Tocca la vita dei nostri figli. La caduta della cooperazione, infatti, è sempre il sintomo di un paese che non crede al suo futuro e al suo ruolo nel mondo.
Questa legge è stata scritta con il concorso di tanti. Anche noi avevamo presentato un progetto di legge. Sono stati unificati. Nessuno può dire che è “sua”, perché è nostra, di tutti. Anche delle forze politiche più giovani. E’ dell’Italia che si mette insieme per le cose che contano. E’ una legge di iniziativa parlamentare e che rappresenta un bel “patto parlamentare” in una legislatura che non è sempre così. E’ una bella pagine del Parlamento e della sua centralità, della sinergia che è necessaria per le cose che valgono.
Ma possiamo dire che è una legge che votiamo con più convinzione di altre perché rispecchia la nostra vita, quello in cui crediamo. Fa parte del DNA di quanti partecipano al Gruppo per l'Italia, popolari, democratici, convinti della necessità di una democrazia solidale, sociale, inclusiva.
Una bella Italia. Italiani coraggiosi, intelligenti, che credono nel fatto che si può cambiare, non rassegnati, anche con mezzi semplici, a volte poveri, sempre disarmati. Annalena Tonelli, tanti sconosciuti, che danno la vita, solo perché è intelligente e bello vivere per gli altri, anche a rischio di perderla.
E' una buona legge. Dopo un decennio di declino e di crisi della cooperazione italiana il primo segnale, in controtendenza, era stata la scelta del governo Monti di istituire di un ministero per l'integrazione e la cooperazione internazionale. Ancorché senza portafoglio, il Ministero guidato da Andrea Riccardi e quel governo hanno invertito la tendenza, nell'anno del rigore e di drastici tagli di bilancio.  Con un primo rifinanziamento, non solo simbolico, della cooperazione internazionale. Cambiando il linguaggio, ridando speranza e dignità al mondo della cooperazione, restituendogli cittadinanza nel discorso pubblico, nel sentire del Paese.
Un paese cresce anche attraverso le crisi e quando è nelle difficoltà' è un grande Paese. E’ allora che diventa più necessario capire chi si è, come si vuole essere. Per questo penso che senza quel passaggio culturale, sociale e politico oggi non avremmo avuto l'accelerazione che ha portato a questa legge di riforma in un campo qualificante dope che si era fermata tante volte.
Noi crediamo che come è necessario andare verso una politica europea unitaria, un sistema di difesa europea, occorre andare verso un sistema di cooperazione europea ora che l'UE è il primo attore della cooperazione a livello planetario.
I punti-chiave - per i quali abbiamo lavorato e portato con gli altri il nostro contributo - sono la nascita della Agenzia per la cooperazione e lo sviluppo, il passaggio dalla logica dell'aiuto a quella del partenariato e della cooperazione, la scelta della cooperazione come parte integrante e qualificante della politica estera italiana. Tutto questo è rimarcato dalla scelta di un Viceministro delegato. Ma anche dalla nascita del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo del quale fanno parte i principali soggetti pubblici e privati, con attenzione ai protagonisti del mondo non profit.
Vanno osservati come positivi i meccanismi ammessi del blending tra fondi a dono e fondi a credito e, soprattutto, l'ingresso del mondo del privato , del matching pubblico e privato, come forma ordinaria di business sostenibile e per un circolo virtuoso.
L'individuazione di un soggetto di finanza con caratteristiche pubbliche permetterà di fare da volano e da gestore unico - ma aperto a istituzioni private, come chiediamo nell'ordine del giorno accolto dal governo sul ruolo di Cassa Depositi e Prestiti - della parte finanziaria. Questo permette di avere lo strumento di sostegno e il catalizzatore al co-finanziamento internazionale per progetti di largo respiro, permettendo anche ai soggetti non profit di poter accedere con più autorevolezza e supporto a fondi internazionali. E' uno dei pilastri operativi che potrà permettere l'accesso e l'erogazione di fondi ingenti, di gran lunga superiori alle disponibilità della finanza pubblica e alle esigenze di bilancio nazionale.
E siamo soddisfatti dell'inserimento che abbiamo proposto e ottenuto, all'art.26, della deducibilità fiscale dei soggetti coinvolti: un riconoscimento minimo, rispettoso della natura non commerciale della cooperazione allo sviluppo e del principio di sussidiarietà.
E' stato un lavoro comune. Diamo atto al governo e al viceministro Pistelli, alla maggioranza, della volontà di dotare l'Italia di questo strumento indispensabile. E alle opposizioni di un lavoro costruttivo, anche se a volte marcato dalla ricerca della "firma" su cose che la maggioranza, o il nostro gruppo condivide senza sforzo, non da oggi: trasparenza, rifiuto di utilizzare la cooperazione in alcun modo come collegata a iniziative in contraddizione con la pace, l'ownership locale, la gratuità, garanzie a che non si utilizzi la cooperazione per forme mascherate di delocalizzazione di attività' speculative da parte di privati, o a che stipendi offensivi della natura solidaristica dell'azione di cooperazione convivano con gratuità, generosità e sacrificio.
Votiamo a favore con la convinzione di chi ha lavorato e lavora in questa direzione non da questa legislatura, ma da una vita. Per tanti nostri mondi di riferimento è un piccolo pezzo di sogno realizzato. E’ l’Italia che il mondo conosce meglio di noi che oggi ha cittadinanza anche in Italia. Di nuovo.
Mi auguro sarà' l'occasione per immaginare una nuova forma di alleanza tra Nord e Sud del mondo, e per fare uscire una volta per tutte l'Italia e gli Italiani dalla tentazione di pensare che prima vanno risolti i propri problemi e poi ci sono quelli degli altri. E', questa,  l'illusione che porta intere civiltà' a soffocare, le famiglie a ingarbugliarsi in sfiancanti riflessi condizionati di contrapposizione interna e di fragilità'.
Questa legge fa bene alla cooperazione. Ma anche all'Italia. La ringiovanisce. Dice alle giovani generazioni che cosa vale di più nella vita. E fa bene. E alla nostra leadership positiva, a una democrazia umanista e inclusiva, in Europa e nel mondo.