Mario Marazziti – Gruppo Per l’Italia - 17 luglio 2014
Signor Presidente, Signor Viceministro, Colleghi Deputati.
Ci sono leggi che segnano un cambiamento culturale. E’ il caso della legge che stiamo approvando oggi e che abbiamo con convinzione lavorato a migliorare nel testo, nella volontà di condurla a maturazione, e, oggi voteremo favorevolmente come Gruppo per l’Italia.
Il
nostro gruppo raccoglie, anche nei percorsi e nelle biografie di chi lo
compone, una parte significativa del lavoro internazionale, dell’elaborazione
culturale e tecnica, delle motivazioni, del lavoro di ascolto delle società
civili, quella italiana e quelle nel sud del mondo, che hanno portato a questa
riforma della cooperazione internazionale come parte integrante e qualificante
della politica estera italiana. E, per questo, come parte della stessa identità
del nostro paese, all’interno dell’UE, nel mondo. Dice chi siamo nel mondo e chi
vogliamo essere.
Se
è vero che i popoli e i paesi hanno un significato non solo nella ripetizione
di sé e nell’auto-soddisfazione, pena l’invecchiamento e un declino
inevitabile, è ancora più vero, forse per l’Italia e per l’Unione Europea, che
si cresce davvero solo dentro una visione. Si cresce e non si invecchia, come
società, quando si sa resistere alla tentazione di essere ripiegati su di sé,
specialmente in un tempo di grande incertezza e fragilità mondiale, come il nostro.
Questa legge indica una via di estroversione dell’Italia, un
cambiamento.
Sono
passati 27 anni dalla normativa della legge 49/1987.
Era
un quarto di secolo dopo la decolonizzazione, era un grande passo avanti: non
c’erano più solo le relazioni economico-commerciali, ma si concepiva la
cooperazione allo sviluppo come una chiave di aiuto e partenariato, portatrice
di una dignità propria.
Eravamo
prima della caduta del Muro di Berlino, agli inizi della fase attuale di
globalizzazione, in una situazione geo-politica molto diversa da quella
attuale. Non c’erano verso l’Italia e l’Europa i grandi flussi migratori di
oggi; non c’erano ancora le guerre locali e regionali che hanno punteggiato i
decenni succeduti alla fine della divisione del mondo in due blocchi; maturava
la pandemia dell’AIDS ma il mondo era concentrato da poco, con stupore, sulla
scoperta di questa debolezza letale che sembrava colpire solo gruppi
particolari di cittadini del Nord benestante del Mondo.
In
questi 27 anni siamo passati dai grandi progetti di cooperazione allo sviluppo
alla caduta degli investimenti, all’afro-pessimismo, alla tentazione di exit strategy da molte aree del mondo,
dove intervenire è sembrato “troppo a lungo e troppo complicato”. Anni in cui,
dietro agli slogan corretti, come “l’Africa agli africani”, reazione al
paternalismo e alle conseguenze negative del colonialismo, si è giocato,
spesso, un accordo tra classi dirigenti, europee e africane, per crearsi meno
problemi, di fronte a società civili assetate e affamate di crescita, sviluppo,
acqua, cure, istruzione, lavoro, dignità, vita.
E’
per questo che la legge che oggi approviamo segna un passaggio di mentalità, è
un cambiamento culturale, di civiltà.
Sancisce
il principio che nessun popolo vive solo per sé stesso. Che nessun popolo e
nazione è e deve essere solo. Che siamo interdipendenti. Ma anche il principio
che in una corretta visione di cooperazione e partenariato per lo sviluppo c’è
un’immensa possibilità di crescita per tutti. C’è la convinzione che non è
inevitabile quello che si è accentuato con una ideologia liberista e
finanziaria nell’ultimo quarto di secolo: e cioè che il business puro debba mai
avere valenza anche sociale, che la solidarietà internazionale sia contro
la libertà dei mercati e irrazionale, che si debba per forza allargare il gap
tra chi ha di più e chi vive peggio.
E’
una scelta di civiltà ma anche di chi siamo e di chi vogliamo essere. E’ una
scelta politica, per l’Italia e per l’Europa. Tocca la vita dei nostri figli.
La caduta della cooperazione, infatti, è sempre il sintomo di un paese che non
crede al suo futuro e al suo ruolo nel mondo.
Questa legge è stata scritta
con il concorso di tanti. Anche noi avevamo presentato un progetto di legge.
Sono stati unificati. Nessuno può dire che è “sua”, perché è nostra, di tutti.
Anche delle forze politiche più giovani. E’ dell’Italia che si mette insieme
per le cose che contano. E’ una legge di iniziativa parlamentare e che
rappresenta un bel “patto parlamentare” in una legislatura che non è sempre
così. E’ una bella pagine del Parlamento e della sua centralità, della sinergia
che è necessaria per le cose che valgono.
Ma possiamo dire che è una legge che votiamo con più convinzione di altre perché rispecchia la nostra vita, quello in cui crediamo. Fa parte del DNA di quanti partecipano al Gruppo per l'Italia, popolari, democratici, convinti della necessità di una democrazia solidale, sociale, inclusiva.
Una bella Italia. Italiani
coraggiosi, intelligenti, che credono nel fatto che si può cambiare, non
rassegnati, anche con mezzi semplici, a volte poveri, sempre disarmati.
Annalena Tonelli, tanti sconosciuti, che danno la vita, solo perché è
intelligente e bello vivere per gli altri, anche a rischio di perderla.
E' una buona legge. Dopo un
decennio di declino e di crisi della cooperazione italiana il primo segnale, in
controtendenza, era stata la scelta del governo Monti di istituire di un
ministero per l'integrazione e la cooperazione internazionale. Ancorché senza
portafoglio, il Ministero guidato da Andrea Riccardi e quel governo hanno
invertito la tendenza, nell'anno del rigore e di drastici tagli di
bilancio. Con un primo rifinanziamento,
non solo simbolico, della cooperazione internazionale. Cambiando il linguaggio,
ridando speranza e dignità al mondo della cooperazione, restituendogli
cittadinanza nel discorso pubblico, nel sentire del Paese.
Un paese cresce anche attraverso le crisi e
quando è nelle difficoltà' è un grande Paese. E’ allora che diventa più
necessario capire chi si è, come si vuole essere. Per questo penso che senza
quel passaggio culturale, sociale e politico oggi non avremmo avuto
l'accelerazione che ha portato a questa legge di riforma in un campo
qualificante dope che si era fermata tante volte.
Noi crediamo che come è
necessario andare verso una politica europea unitaria, un sistema di difesa
europea, occorre andare verso un sistema di cooperazione europea ora che l'UE è
il primo attore della cooperazione a livello planetario.
I punti-chiave - per i quali
abbiamo lavorato e portato con gli altri il nostro contributo - sono la nascita
della Agenzia per la cooperazione e lo sviluppo, il passaggio dalla logica
dell'aiuto a quella del partenariato e della cooperazione, la scelta della
cooperazione come parte integrante e qualificante della politica estera
italiana. Tutto questo è rimarcato dalla scelta di un Viceministro delegato. Ma
anche dalla nascita del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo
del quale fanno parte i principali soggetti pubblici e privati, con attenzione
ai protagonisti del mondo non profit.
Vanno osservati come
positivi i meccanismi ammessi del blending
tra fondi a dono e fondi a credito e, soprattutto, l'ingresso del mondo del
privato , del matching pubblico e
privato, come forma ordinaria di business sostenibile e per un circolo
virtuoso.
L'individuazione di un
soggetto di finanza con caratteristiche pubbliche permetterà di fare da volano
e da gestore unico - ma aperto a istituzioni private, come chiediamo
nell'ordine del giorno accolto dal governo sul ruolo di Cassa Depositi e
Prestiti - della parte finanziaria. Questo permette di avere lo strumento di
sostegno e il catalizzatore al co-finanziamento internazionale per progetti di
largo respiro, permettendo anche ai soggetti non profit di poter accedere con
più autorevolezza e supporto a fondi internazionali. E' uno dei pilastri
operativi che potrà permettere l'accesso e l'erogazione di fondi ingenti, di
gran lunga superiori alle disponibilità della finanza pubblica e alle esigenze
di bilancio nazionale.
E siamo soddisfatti
dell'inserimento che abbiamo proposto e ottenuto, all'art.26, della
deducibilità fiscale dei soggetti coinvolti: un riconoscimento minimo,
rispettoso della natura non commerciale della cooperazione allo sviluppo e del
principio di sussidiarietà.
E' stato un lavoro comune.
Diamo atto al governo e al viceministro Pistelli, alla maggioranza, della
volontà di dotare l'Italia di questo strumento indispensabile. E alle
opposizioni di un lavoro costruttivo, anche se a volte marcato dalla ricerca
della "firma" su cose che la maggioranza, o il nostro gruppo
condivide senza sforzo, non da oggi: trasparenza, rifiuto di utilizzare la
cooperazione in alcun modo come collegata a iniziative in contraddizione con la
pace, l'ownership locale, la
gratuità, garanzie a che non si utilizzi la cooperazione per forme mascherate
di delocalizzazione di attività' speculative da parte di privati, o a che
stipendi offensivi della natura solidaristica dell'azione di cooperazione
convivano con gratuità, generosità e sacrificio.
Votiamo a favore con la
convinzione di chi ha lavorato e lavora in questa direzione non da questa
legislatura, ma da una vita. Per tanti nostri mondi di riferimento è un piccolo
pezzo di sogno realizzato. E’ l’Italia che il mondo conosce meglio di noi che
oggi ha cittadinanza anche in Italia. Di nuovo.
Mi auguro sarà' l'occasione
per immaginare una nuova forma di alleanza tra Nord e Sud del mondo, e per fare
uscire una volta per tutte l'Italia e gli Italiani dalla tentazione di pensare
che prima vanno risolti i propri problemi e poi ci sono quelli degli altri. E',
questa, l'illusione che porta intere
civiltà' a soffocare, le famiglie a ingarbugliarsi in sfiancanti riflessi condizionati
di contrapposizione interna e di fragilità'.
Questa legge fa bene alla
cooperazione. Ma anche all'Italia. La ringiovanisce. Dice alle giovani
generazioni che cosa vale di più nella vita. E fa bene. E alla nostra
leadership positiva, a una democrazia umanista e inclusiva, in Europa e nel
mondo.